martedì 30 settembre 2008

Il posto magico



Almeno stasera voglio astenermi dal parlare male di qualcosa o di qualcuno. Pare quasi che gente come me viva solo per sputare veleno sul mondo, quando l’unica cosa che davvero mi sento di rimproverami, rispetto al mondo, è di amarlo troppo. Molti non capiranno questo che pare un ossimoro, ma le persone che mi interessano capiranno benissimo, e gli altri tanto non sanno manco cos’è un ossimoro; se sono capitati qui per caso hanno già smesso di leggere, e comunque non vale la pena di perdere tempo a scrivere per loro. Sciò!
Dunque, miei selezionatissimi lettori, oggi parlerò di quello che è forse il luogo che più amo al mondo; non pretendo che sia il più bello, e però bello lo è davvero. Di tutti quelli che ci ho portato (e sono tanti, l’ultima proprio sabato scorso) nessuno è mai rimasto deluso, e quindi facciamo parlare le immagini, anche se non rendono piena giustizia alla magia del posto.







Bello, eh?
E allora sappiate che il GPZ in questo posto ci è nato, e anche ora che il lavoro lo relega nell’ambiente urbano, tra catrame e cemento come il ragazzo della via Gluck, non perde occasione di tornarci.
E’ il luogo dove sta il mio cuore, il posto dove vado a godere delle cose che amo di più e dove mi rifugio quando ho bisogno di leccarmi le ferite. Quando sono immerso in quel mondo tutto mi appare così naturale e così giusto che, come dice Branduardi, "forse anche morire non fa male": tutto può starci, in fondo, sempre di natura si tratta, e non ci sarebbe da farne un dramma.
Ma siamo vivi, per fortuna, e questa meraviglia ce la possiamo godere. Quante cose potrei raccontare su questo posto, che non interesserebbero nessuno, ma che io non mi stancherei mai di narrare: le scorribande da bambino, le scampagnate da ragazzo (quelle con le ragazze erano chiaramente le più belle), le battaglie giovanili del mio gruppo di ventenni visionari che riuscì infine a far dichiarare tutta quest’area riserva naturale integrale, come è ancora oggi, anche se non so per quanto ancora, con l’aria che tira e con le aggressioni speculative incessanti di cui tuttora è oggetto questo territorio; ma si facciano pure avanti, finora questi speculatorucoli sono sempre tornati a casa con le corna rotte, quando hanno provato a toccare questo gioiello: il GPZ e la sua tribù non solo l’hanno fatta, la riserva naturale, ma la difendono con i denti.
Insomma, passa tutto per questo posto: il mio affacciarmi al mondo, il modo in cui ho imparato a conoscerlo, il mio romanzo di formazione, la passione per la natura della mia maturità.
Andate a conoscerlo, vi accoglierà.

lunedì 29 settembre 2008

Sì, ma dove?

Oggi durante la pausa pranzo ho girato per un po’ nelle viuzze intorno a via Nazionale, e ho visto nell’ordine: una signora elegante aprire le sigarette e buttare la plastichina per terra senza mai smettere di sculettare; un ragazzo che ha fatto lo stesso con la carta della pizza, senza sculettare, ma grattandosi virilmente in mezzo alle gambe; un’altra signora molto ben vestita che faceva cacare il cane sul marciapiede senza raccogliere il corpo del reato; una clochard molto messa male, con in testa più piaghe che capelli, calarsi i pantaloni e pisciare sulla pubblica via.
A Roma c’è un sindaco che sull’ordine, sulla sicurezza e sul decoro urbano ci ha vinto le elezioni amministrative, e fa parte di una coalizione che sugli stessi temi più Alitalia ci ha vinto quelle politiche. Perché è chiaro che a noi zozzoni di sinistra la città pulita non piace, e ci vuole ben altro nerbo per veder sparire dalle strade la monnezza.
Bene, allora mi piacerebbe sapere quali saranno le misure concrete perché io non abbia in futuro motivo di scandalizzarmi di nuovo per episodi come quelli di oggi.
Perché, ragioniamo: le signore e il ragazzo non sono certo gli unici rappresentanti della categoria degli imbecilli all’ombra dei sette colli, e in mancanza di campi di rieducazione mi pare poco credibile intensificare la presenza dei vigili e dell’AMA al punto da impedire a questi soggetti di nuocere: sono troppi, e toccherà abbozzare.
La clochard, che vogliamo farne?
Ovvio, i probi cittadini che hanno sostenuto l’efficienza muscolare di questa baldanzosa coalizione di centrodestra la vogliono fuori dalle balle, ché insudicia il centro storico con la sua semplice presenza prima ancora che con la pisciata; e deportiamola allora, va bene. Ma dove?
In fondo la galera per una pisciata mi pare decisamente troppo, e parrà troppo anche ai probi cittadini di cui sopra, quando si accorgeranno che in galera la gente costa, e costa cara; allora mandiamola semplicemente via, che i nostri occhi virtuosi non abbiano ad essere ulteriormente offesi dalla presenza di gente del genere. Sì, ripeto, va bene, ma dove? La mandiamo a depositare pisciatine in estrema periferia, per la gioia dei milioni che vivono in borgata e a legioni, oltretutto, hanno votato Alemanno? Mi sa che non gradirebbero. La mandiamo via da Roma, che diamine! O almeno fuori dal raccordo, come i Rom. Sì, ma dove? Perché fuori del raccordo non è che ci sia proprio aperta campagna, anche grazie all’inondazione di cemento di Veltroni, e la gente che ci vive abitualmente non è che sia tanto contenta di fare da pattumiera per i rifiuti del centro, che non può permetterseli perché deve fare da vetrina.
La vogliamo mandare in una struttura tipo una casa famiglia, con gente che si prende cura di lei e magari cerca pure di capire come mai si è ridotta così e vede se si può fare qualcosa per risvegliare il suo amor proprio? Ahimé, questo costa tanto, ma proprio tanto di più anche della galera… Per carità, e che adesso dobbiamo spendere i soldi per i rifiuti della società quando c’è tanta brava gente senza lavoro e senza casa? Giusto quei debosciati di sinistra possono pensare una cosa del genere. Mai!
Insomma, il succo è che alla fine delle signore e del ragazzo ci siamo scordati, e poi non mi stupirei di sapere che pure loro hanno votato Alemanno, come quel citrullo che si è fatto beccare a mignotte e ha giurato di non rivotarlo, perché chiaro che lui l’ordine lo voleva, ma a spese degli altri, mica a spese sue; sulla clochard, l’unica vittima vera, ci siamo invece accaniti, e meno male che mi sono fermato in tempo, perché mi stava pure venendo una certa fantasia… Che a qualcun altro è già venuta, a dire la verità… Insomma, ‘sti mostri, ma perché non li chiudiamo in una bella doccia collettiva e apriamo i rubinetti?
Ecco, l’ho detto…

giovedì 25 settembre 2008

Viaggio al termine della notte

E Celine non me ne vorrà se uso in modo improprio il titolo del suo libro (anche perché è morto da un pezzo, mi dicono).
Riprendo il mio post catastrofale (http://ilgattopuzzo.blogspot.com/2008/09/vedonero.html), che era appunto un addentrarsi ben bene nella notte fonda e nera che ci attende, e provo a spingermi ancora oltre; stavolta, però, mi rendo conto che il rischio di fare fantapolitica è forte, per cui faccio una premessa: tanto quello che sto per scrivere, quanto Vedonero, raccontano degli scenari. Uno scenario, ovviamente, non è il Vangelo, ma è una previsione che ha un certa probabilità di avverarsi; e mentre la probabilità che attribuisco a quello di Vedonero è piuttosto elevata, ne attribuisco una tutto sommato bassa a quello che sto per tratteggiare. Però descriverlo mi sembra lo stesso importante, perché una probabilità bassa è comunque una possibilità in nuce, ancorché remota, e magari potremmo anche scoprire con raccapriccio che in fondo non è poi nemmeno così remota.
Dunque, eravamo rimasti ad un’Italia del futuro (prossimo) federale, impoverita e incattivita, diciamo pure istupidita e completamente in balìa di una propaganda che esaspera a senso unico un solo tema – la sicurezza – usato a gogò dal governo centrale per sviare l’attenzione dai problemi economici e sociali e creare una valvola di sfogo alle pulsioni rabbiose del corpaccione elettorale, attizzando continue guerre tra poveri. In questo i governi che si susseguiranno troveranno buon appoggio – anche se in apparenza l’interazione sarà conflittuale – nei nuovi centri di potere locali, egemonizzati da un leghismo ormai esteso a scala nazionale e che sarà al tempo stesso forza di governo (locale) e di opposizione al governo nazionale, visto come controparte in un gioco politico che non si articola più sulla distinzione storica tra destra e sinistra, ma su quella tra potere centrale e potere decentrato. In questa nuova Italia la distinzione tra destra e sinistra non sarà più il discrimine in base a cui i cittadini sceglieranno la rappresentanza: già oggi vediamo che livellare le disuguaglianze (il programma storico della sinistra) non solo non è più possibile, ma non interessa neanche più; quelli che oggi strillano contro l’allargarsi a dismisura della forbice tra ricchi-ricchissimi e gente comune che sempre più scivola nella povertà non si organizzano per perseguire collettivamente una politica dei redditi, che sarebbe un progetto di sinistra; piuttosto, progettano individualmente azioni idonee a fare il gran salto dalla parte dei fortunati, o almeno a raccogliere qualche briciola del loro banchetto. Sembrano più mossi da invidia che da sentimenti di giustizia sociale, stringono alleanze precarie e strumentali per affrancarsi individualmente dal proprio destino miserabile e sono quindi, politicamente parlando, compagni di strada infidi e rissosi, pronti a tirare fuori il coltello contro gli stessi alleati di un quarto d’ora prima, qualora dovessero conseguire un vantaggio anche piccolo, ma tale da farli ritenere ormai fuori dalla volgare schiera (scusa, Dante, se uso i tuoi versi in un contesto così indegno). In presenza di questa nuova polarizzazione – centralisti versus localisti – forze come il PD, se non si saranno disintegrate prima, non avranno alcun motivo di stare all’opposizione: stringeranno senz’altro un’alleanza di governo con gli eredi del PDL, sostituendo la Lega, ma – a differenza di questa – saranno in posizione subalterna. Veltrusconi alla fine camminerà tra noi, insomma, e chissà che non siano ancora loro due, dati i tempi biblici del ricambio dei vertici politici in Italia, a creare questo Frankstein.
In questo scenario, a implodere potrebbe essere proprio la costola forzitaliota del PDL: da sempre tentata dal leghismo, l’emergere di localismi forti potrebbe costringerla a portare alla luce questa contraddizione di fondo, svuotando di consensi un partito (anzi, una corrente del PDL) che a quel punto avrebbe fatto il suo tempo, avendo oltre tutto raggiunto il suo scopo; avendo compiuto la sua mission, direbbe Voi-Sapete-Chi, essendo la mission nient’altro che affermare in Italia la nuova egemonia “culturale” dell’individualismo solipsistico e autoreferenziale (e un bel po’ telerincoglionito) così funzionale ai padroni del vapore per liberarsi di qualsiasi rivendicazione sociale.
Venendo così a mancare, a livello centrale, il nerbo vero e proprio della coalizione di governo – il PD, se ci sarà ancora, sarà una pallida ombra, e Alleanza Nazionale è un partito nato farlocco e vigliacco – è possibile che le spinte autonomiste del Nord ricco riprendano vigore, e si arrivi infine ad un divorzio addirittura consensuale dal Centro-Sud: in fondo – si dirà – è una separazione solo “funzionale”, nel senso che tutti e due i tronconi staranno comunque nell’Unione Europea; e anzi il Sud, con una ritrovata povertà nazionale, potrebbe tornare a beneficiare di quei finanziamenti UE per lo sviluppo che ha perso quando a far parte dell’Unione sono arrivati stati poveri come la Romania. Alle elite del Sud, storicamente figlie della criminalità organizzata, la cosa non dovrebbe dispiacere: fondi UE da intercettare per le clientele e un territorio in cui la criminalità organizzata può finalmente farsi davvero e ufficialmente stato, dopo tanti decenni in cui ha svolto le stesse funzioni – dall’ordine pubblico al pagamento delle pensioni alle vedove degli uomini d’onore -, ma illegalmente. Senza contare il fatto che, con leggi ad hoc, il Sud si potrebbe proporre – e stavolta legalmente – come fornitore di servizi indispensabili al Nord: smaltimento a basso costo di rifiuti tossici, per esempio. Chiaro che, operando in questo modo, nel medio periodo il Sud finirebbe fuori dalla UE; ma questo evento è sufficientemente lontano nel tempo da non preoccupare nessuno di quelli che sono vivi e fanno affari oggi; e “in the long run”, come diceva Keynes, saremo tutti morti.

martedì 23 settembre 2008

Non buttiamoci giù

Mamma mia, che roba da incubo è diventato questo blog! Ma perché nessuno mi dice niente? Ho riletto un po’ di post, sono pieni di figuri tristi, cose brutte, scenari apocalittici!
Ma insomma: uno ha un successo planetario (certificato: voi non lo sapete, ma abbiamo sfondato già il tetto dei dieci visitatori quotidiani e ce ne sono almeno quattro tra Inghilterra e Stati Uniti, di cui due a me sconosciuti!) e nessuno che gli fa osservare che sta scivolando nemmeno troppo lentamente su una china cimiteriale! E mica si fa così!
Però certo… l’ispirazione a scrivere di cose belle ed edificanti di questi tempi proprio non mi viene… Come si fa?
E allora facciamo così: se proprio di loschi figuri dobbiamo parlare, almeno divertiamoci un po’ alle loro spalle. Nell’ultimo post profetizzavo la fine di certi pseudopolitici della fu sinistra radicale, che finiranno probabilmente a fare, prima o poi, i tristissimi mestieri che da sempre avrebbero dovuto praticare, invece di infelicitare tutti noi; propongo di giocare insieme. Io avevo iniziato con:

Paolo Cento, Verdi per la Pace, ex sottosegretario all’economia con Padoa Schioppa: uscere in divisa blu in un museo abbandonato, tipo quello della Civiltà Romana all’Eur, che totalizzerà sì e no una ventina di visitatori l’anno. E a tutti dice: "voi oggi mi vedete qui, ma io vent'anni fa ero sottosegretario..." facendoli scappare.

Voi che (e chi) suggerite? Scrivete le vostre profezie nei commenti, anche a cinque per volta se volete, parlando di chi vi pare, anche se non è di sinistra e magari non fa neppure il politico; poi ci penso io a sistemarle per bene in un post come si deve.

domenica 21 settembre 2008

Vedonero

Non avrei voluto più scrivere post politico-filosofici, che tanto mi piacciono mentre li scrivo quanto mi annoiano quando li rileggo, e ai quattro frequentatori in croce di questo blog devono fare un effetto ancora più deprimente, non essendosi nemmeno divertiti a scriverli; però c’è qualcosa che mi si agita dentro da mesi, e alla fine mi tocca almeno provare a dirlo. Confido nella pazienza di tutti e chiedo scusa in anticipo per il tono vagamente profetico che finirò per infondere a questo post: vorrei evitarlo, ma tanto lo so che non ci riesco.
Io penso che la sinistra italiana, come l’abbiamo conosciuta e come la immaginiamo ancora noi nati prima della caduta del muro, sia definitivamente morta.
L’anno zero è infine arrivato e ce lo siamo lasciato alle spalle, anche se qualcuno ancora non se ne è accorto e sta lì a berciare in piazza di falce e martello e di politiche antagoniste, di rinascite e rifondazioni, di ritorno alle origini e al territorio. I Diliberto, i Pecoraro Scanio, i Bertinotti - ve lo posso assicurare perché un minimo di frequentazione con ambienti a loro vicini ancora lo mantengo – non ci credono più neppure loro e (visti certi comportamenti) forse non ci credevano neppure prima; ma si illudono di poter mettere nel sacco una volta di più uno zero virgola percento di elettori per riconquistare uno strapuntino, e come biasimarli? In fondo, star seduti in parlamento è l’unica cosa che hanno imparato a fare, nella vita, e la pagnotta a casa ce la devono portare pure loro. Certo, Voi-Sapete-Chi ha in mente di tagliarli fuori definitivamente con lo sbarramento al cinque percento, con l’ovvio benestare tacito di Veltroni, ed è quindi probabile che di certa gente non sentiremo parlare mai più.
I meno impresentabili tra loro troveranno ospitalità nel PD e pagheranno dazio, perché quel partito è una mafia che ti può anche accogliere se porti in dote qualche voto, ma poi ti sia chiaro che ti devi accontentare dello strapuntino e non devi rompere le palle con temi desueti come l’ambiente o la politica dei redditi, che loro hanno da fare ben altri affari: chiedete a Caltagirone e compagnia palazzinara di come hanno vissuto a Roma sotto Veltroni, se volete avere maggiori delucidazioni in proposito. E con questo abbiamo anche detto quanto si può sperare dal PD.
Degli altri, gente tipo Paolo Cento e altri decerebrati del suo genere, non mi stupirei di ritrovarmeli, tra qualche anno, a fare gli usceri in un museo semideserto, impegnati nella recita del proprio epitaffio, che propineranno quotidianamente con riflesso pavloviano ai pochi sfortunati turisti capitati in qualche afoso pomeriggio agostano nel deserto polveroso che circonderà la loro scrivania: - lei ora mi vede qui, ma vent’anni fa ero sottosegretario…
La sinistra, storicamente, ha trovato la sua ragione di esistere nell’abbattimento delle disuguaglianze, a cominciare da quelle economiche; la crisi – questo non lo scopro certo io - è con tutta evidenza mondiale, perché oggi questo mandato non se lo da più nessun partito di sinistra, nemmeno quelli al governo. E’ impossibile che se lo diano, se non nei proclami elettorali, perché con la fine dell’illusione comunista e l’attacco sempre più violento di cui è oggetto il concetto stesso di socialdemocrazia, l’unico paradigma economico rimasto disponibile sulla piazza è quello capitalista, che tutto può fare tranne che ridurre le disuguaglianze. In mancanza di un nuovo Marx che inventi un regime meno cruento e più efficace del comunismo quale alternativa egualitaristica al capitalismo, la sinistra ha quindi esaurito la sua missione storica. Sulla saracinesca abbassata e rugginosa può anche scrivere “Chiuso Per fallimento”, o “In liquidazione”.
Credo che nei prossimi due-tre anni assisteremo anche ad una progressiva disgregazione del PD, perché chi vuole fare affari troverà più comodo farli stando dalla parte di chi comanda, e quel che resterà di quel partito sarà tenuto in vita con la respirazione artificiale proprio da Voi-Sapete-Chi, che troverà molto comoda la (non) opposizione di quella combriccola, piuttosto che un antagonismo vero da parte di qualche forza nuova interessata ad occupare il posto che fu di Berlinguer.
Questo potrebbe produrre uno scenario articolato in due movimenti: intanto una risorgente opposizione extraparlamentare armata, ma stavolta senza un programma rivoluzionario come negli anni settanta; semplicemente un’opposizione emarginata e disperata che sparerà per rabbia e ribellismo frustrato, non trovando più alcun canale istituzionale in cui veicolare le proprie istanze; credo che sarà questo il frutto avvelenato dello sbarramento al cinque percento, e Voi-Sapete-Chi ne sarà felice, perché nella paura che susciterà questo risorgente terrorismo troverà l’humus perfetto per spazzare via qualsiasi ombra di opposizione al pensiero unico dominante e potrà perpetuare il proprio potere con periodiche, rassicuranti esibizioni muscolari, perché sarà molto facile sbattere in cella ed esporre al pubblico ludibrio, periodicamente e alla bisogna, qualche disperato con una molotov in mano. Adesso, in mancanza di terrorismo interno, cerca di accaparrarsi almeno un attentatino sul fronte internazionale e quasi lo implora – ma che cosa hanno Zapatero e Blair che io non ho, perché a loro le bombe le avete date e a me no… - O come altro leggere le sue periodiche sparate contro l’Islam (l’ultima è di ieri, Ahmadinejad paragonato a Hitler, con ovvia conseguente levata di scudi dell’islamismo radicale).
L’altro movimento potrebbe avvenire invece sul versante istituzionale: se non vorrà perdere la propria ragione di esistere – e non vorrà farlo, almeno perché alle poltrone conquistate nessuno vuole rinunciare – a incarnare l’opposizione vera sarà la Lega, o ciò che diventerà. Non più, quindi, un confronto destra-sinistra come siamo stati abituati a vedere tutti noi, fin dalla nostra nascita, ma una dinamica centro-territorio potrebbe diventare il luogo della contesa politica. In fondo, è qualcosa che sotterraneamente sta già accadendo: la Lega non è interessata ai temi tanto cari a Voi-Sapete-Chi, tipo la giustizia o il business delle telecomunicazioni, e se sta con lui è solo per portare a casa il federalismo; quando l’avrà ottenuto in forma compiuta, sotto forma di autonomia impositiva delle regioni e riforma del Senato in senso regionalistico, troverà più conveniente tornare al territorio, e probabilmente si articolerà in una forma tale da poter stringere alleanze proficue anche con le forze autonomiste del Meridione. Già ora le concessioni più grosse il nano alfa le ha dovute fare quando ha puntato i piedi Bossi, non certo quando si è mobilitato il PD; e lo stesso Bossi non si fa pregare troppo quando c’è da fare la voce grossa, dimostrando che questo centro-destra un padrone ce l’ha, sì, ma in fondo a lui non fa poi così paura. Ed è normale, essendo il suo partito l’unico, nella compagine di governo, che può vivere e prosperare anche senza la tutela di quel padrone. La sicurezza sarà probabilmente il terreno privilegiato su cui si svolgerà la pantomima governo centrale versus rappresentanze territoriali: con le seconde a invocare la forca per tutti gli esclusi, siano essi delinquenti veri o semplicemente poveri senza casa; e il governo centrale a speculare sulla lite per sviare l’attenzione dal sempre più devastante impoverimento delle classi medie, molti membri delle quali si troveranno un giorno, con loro sorpresa, ad essere oggetto delle stesse discriminazioni che avevano così tenacemente invocato per gli altri, prima di diventare poveri loro stessi.
E qui mi fermo, perché lo scenario è da incubo e mi sto sentendo male solo a immaginarlo. Chiaro che io la palla di cristallo non ce l’ho, scrivo quelle che sono le mie sensazioni, e purtroppo sono queste, sono pessime. E spero tanto di sbagliarmi, ma non di poco, mi vorrei sbagliare proprio di grosso e rileggere tutto questo tra dieci anni pensando a quanto ero coglione appena un po’ di tempo prima.
Un’ultima considerazione, ed è per noi stessi, essendo “noi” gli appartenenti a quella generazione nata negli anni sessanta e che forse è stata l’ultima del dopoguerra, quella che ha frequentato una scuola davvero antifascista, che ha tra i propri valori la giustizia sociale, un certo egualitarismo, e che ha ottenuto un posto nella vita quasi sempre a prezzo di studio serio e duro lavoro.
Noi potremmo forse essere lasciati in pace e semplicemente esclusi (come di solito già siamo ora) da qualsiasi dinamica di potere, e sarebbe già tanto; più probabilmente, in un’Italia sempre più incattivita e povera, noi saremo i privilegiati da additare domani alla furia popolare: quelli che hanno un posto di lavoro discretamente remunerato, che hanno la fortuna di avere una certa sicurezza economica, e vedrete che il come ci siamo conquistati queste cose non importerà a nessuno. Sarà ovvio, sarà scontato, che le avremo avute indebitamente, le avremo scippate. Le avremo rubate.
Ieri i Rom e gli extracomunitari, oggi i dipendenti pubblici e quelli di Alitalia, domani gli insegnanti, dopodomani alla fine toccherà anche a noi, non so ancora con quale etichetta collettiva, ma state certi che ce ne troveranno una. E così il nano alfa prospera e dal suo ritiro il Venerabile benedice: in fondo, non ci sperava più nemmeno lui, negli anni ottanta, che un giorno il progetto della P2 sarebbe diventato realtà.

martedì 16 settembre 2008

La vita secondo P.

Se il bullismo è una esasperazione caricaturale di alcune caratteristiche di genere, si capisce perché di solito a finire sul giornale sono i maschi, che nel tentativo di rafforzare una identità (anche di genere, appunto) percepita debole passano con facilità il confine della violenza fisica.
Il bullismo femminile, quindi, non è quello delle adolescenti che scimmiottano i maschietti e se ne vanno in giro con il culo di fuori, bestemmiando ruttando e menando le mani: specularmente, secondo questa mia personalissima visione del fenomeno, il bullismo femminile va cercato nell’atteggiamento di quelle donne che fondano rigidamente la propria identità su uno stereotipo di donna quale madre, moglie e signora della famiglia, e brandiscono questa immagine come una clava per farsi largo nella vita cercando di mettere in mora chi moglie e madre non è, o chi moglie e figli non ha, gente che ai loro occhi appare fondamentalmente come uno sgorbio di natura, la cui esistenza in vita è a malapena tollerabile.
Questa riflessione, che ripropongo oggi senza un motivo preciso, la feci anni fa, quando lavoravo in un’altra azienda e dividevo la stanza con P.
P. era una ragazza senza grilli per la testa, molto concreta, che diceva di sapere molto bene cosa voleva dalla vita: si era laureata in economia piuttosto giovane, si era sposata, aveva trovato un lavoro, aveva avuto una figlia ed era più giovane di qualche anno del GPZ, che invece era ancora al palo, fatta eccezione per laurea e lavoro.
La convivenza procedeva bene: P. e il GPZ non erano proprio amici per la pelle, ma c’era un rapporto di forte rispetto reciproco, ci si aiutava spessissimo e si scambiavano anche ben più che due chiacchiere; che vertevano per lo più sulle vicende familiari di P., dato che lei faceva un po’ fatica e nemmeno troppo nascostamente si annoiava ad ascoltare delle prodi zingarate del GPZ, o delle sue spedizioni estive negli angoli più remoti del pianeta.
La profondità dell’abisso che ci divideva la scoprii tutta in una volta, e in modo assolutamente inatteso, quando si andò a votare per quel disgraziatissimo referendum sulla procreazione medicalmente assistita; all’epoca non potevo sapere quanto poi quei temi sarebbero entrati di prepotenza nella mia vita, ma di non andare a votare non mi passò manco per l’anticamera del cervello: primo perché condividevo i quesiti referendari (abolizione, nell’ordine, del divieto di diagnosi pre-impianto e di fecondazione eterologa, e dell’obbligo di impiantare tre-embrioni-tre), e secondo, ma non meno importante, perché se pure fossi stato contrario ci sarei andato lo stesso a votare, essendo il GPZ un animaletto scrupolosamente osservante dei doveri civili.
Più per fare conversazione che per altro, chiesi a P. come la pensava in proposito; quello che segue è il resoconto di ciò che sortì dalla mia imprudentissima uscita.
- P.(quasi imbarazzata): mah… io il senso di sprecare soldi per questo referendum non lo capisco proprio.
- GPZ: perché?
- P.(prende baldanza): perché se vuoi fare figli ti sposi e li fai, che è ‘sta cosa che ti devi far prestare gli ovuli o lo sperma e se sei sposato o no non fa niente…
- GPZ (si sforza di non soffiare come i gatti): ma questo è solo uno dei tre quesiti, e capisco che forse è anche il meno facile da condividere, però gli altri due mi sembrano sacrosanti…
- P.: che dicono gli altri due?
- GPZ (avatar attuale: gattopuzzus patiens patiens): adesso la legge vieta di effettuare la diagnosi sull’embrione e c’è il rischio che venga impiantato un embrione malato che poi porterà alla necessità di un aborto…
- P. (infervorata): no, scusa, e che io quando sono rimasta incinta ho fatto la diagnosi pre-impianto?
- GPZ (tra sé e sé: certo che no, a meno che tuo marito non abbia uno scanner montato sul pisello): l’amniocentesi l’avrai fatta…
- P. (con noncurante orgoglio): per la verità no…
- GPZ (devo capire!): sei cattolica?
- P.: non praticante.
- GPZ: però comunque sei credente.
- P.: sì.
- GPZ (forse riesco a farla ragionare…): e va bene, è stata una tua scelta personale quella di portare avanti la tua gravidanza in qualsiasi caso, ma perché vuoi togliere ad altre persone la possibilità di risparmiarsi un aborto al quarto mese?
- P. (ieratica): io penso che una donna ha una responsabilità verso la vita, e non ha la libertà di scegliere se portarla avanti o meno.
- GPZ (sforzo sovrumano per non piantarle le unghie negli occhi): ripeto, è una tua idea… E guarda che a ricorrere a queste tecniche è gente che ha problemi, persone portatrici sane di malattie genetiche che avrebbero una elevatissima probabilità di generare embrioni non in grado di arrivare alla fine della gravidanza, o addirittura figli malati di sindromi gravissime… O persone un po’ in là con gli anni, che sono arrivate tardi alla decisione di avere un figlio e quindi rischiano, oltre che di non riuscirci, anche la sindrome di down…
- P.: senti, a me questa gente non fa pena per niente. Se volevano figli potevano pensarci prima, come ho fatto io. Si sono voluti godere la vita, si sono voluti “realizzare”, come dicono loro? Adesso paghino il prezzo.
- GPZ (mo’ la pio a sediate): e con le coppie a rischio di anemia mediterranea e altro come la metti?
- P.: mah… adesso tutti lì a dire quanto è difficile avere figli, e a piagnucolare… quello che so è che io ho sempre avuto le idee chiare su quello che volevo e non ho avuto nessun problema a ottenerlo. Il resto sono chiacchiere. Ma le nostre madri come hanno fatto? Mica ce l’avevano loro, la diagnosi pre-impianto e la fecondazione assistita, ma ci hanno partorito e ci hanno allevato come si deve. Chi vuole fare figli si metta in testa che si fa così, altrimenti non è adatto, punto e basta.
E la discussione sarebbe andata avanti per ore o magari sarebbe finita subito lì, con un omicidio, se il capo una volta tanto non si fosse rivelato provvidenziale entrando in stanza come un ciclone con una delle sue infinite crisi isteriche per urgenze che erano tali solo per lui, come fa ogni capo che si rispetti.
Ovviamente, questo discorso non l’ho mai più affrontato, con P.; altrettanto ovviamente, la mia stima nei suoi confronti è scesa sotto il livello di guardia; e, ancora più ovviamente, non solo il referendum l’ha vinto lei, ma di lì a tre, quattro anni i conti con le conseguenze di quel (non) voto criminale mi è toccato patirle a me, che ci faccio ancora i conti, mica a lei, che invece (ri-ovviamente) dopo qualche mese è rimasta incinta per la seconda volta. Sarà perché il Grande Cocomero nume tutelare di tutte le pance gravide esiste davvero e ha voluto premiare lei che lo venera e punire invece il GPZ agnostico, che lo ignora?
Certo che, se è così, allora questo Padreterno è parecchio diverso da come mi ricordo che me lo descrivevano da ragazzino, tutto buono e misericordioso, mentre invece non vede l’ora di beccarti in castagna e farti il culo… Perché alla fine il GPZ non solo s’è beccato l’esibizione di bullismo appena raccontata, ma gli è toccata in sorte pure la nemesi di andare a toccare con mano le situazioni di cui allora parlava in astratto…
Uno dei paradossi che discendono dalle idee di Cantor sull’infinito matematico è che Dio c’è, ma è contraddittorio; questa storia ne genera invece un altro, e cioè che Dio c’è, ma è berlusconiano*…
E che dite, non sarà mica il caso che il GPZ metta da parte tutti i vecchi rancori e decida di far incontrare P. con IRRSC (http://ilgattopuzzo.blogspot.com/2008/07/perch-gli-italiani-sono-diventati.html)? Ne potrebbe nascere una bella amicizia...

* Mi rendo conto che qui il nano pelato c’entra come i cavoli a merenda, ma il blog è mio e anche gli insulti me li gestisco io.

domenica 14 settembre 2008

sabato 13 settembre 2008

SUVvia, ragioniamo!

di Cristiana Capagni
pubblicato da La Voce Democratica – 10-24 aprile 2008 con il titolo: “La crociata anti-Suv”

Lanciarsi a spada tratta contro un obiettivo solitamente non produce risultati positivi: sarebbe più utile e proficuo assumere un atteggiamento maturo, ponderare i pro e i contro in modo equilibrato e solo allora decidere di intervenire con cognizione di causa attuando interventi mirati alla concreta risoluzione del problema.
Viene in mente l’ultima isterica crociata contro i Suv (acronimo di Sport Utility Vehicle).
Con tale sigla si indicano quei veicoli che sono il risultato di un incrocio fra una grossa berlina da strada ed un fuoristrada puro (questi ultimi purtroppo spesso vengono confusi con i Suv, pur non essendolo). I Suv hanno la trazione integrale (cioè 4 x 4 fisso senza possibilità di esclusione), motori derivati dalle berline con alcuni degli accorgimenti che si utilizzano sulle fuoristrada - come ad esempio l’impermeabilizzazione dell’impianto elettrico e le sospensioni indipendenti - ma non tutti: ad esempio manca la ridotta, il che non è ininfluente nel caso ci si trovi ad affrontare una forte pendenza a pieno carico… in altre parole addio frizione!
Al di là degli aspetti puramente tecnici, vorremmo soffermarci su alcuni dati obiettivi: un Suv è un ibrido pubblicizzato come veicolo molto versatile che in realtà presenta dei limiti considerevoli. Infatti le prestazioni su terreni accidentati, sui quali con un Suv occorre una certa cautela, sono decisamente più scarse di quelle di un fuoristrada puro. Su strada ha la possibilità di raggiungere velocità ben oltre i limiti consentiti (cosa che un fuoristrada puro non può fare, essendo un veicolo lento) consumando molto ed inquinando altrettanto (cosa che fa in compagnia di una vastissima gamma di autoveicoli che però non vengono messi sotto accusa).
Considerate le due emergenze del nostro momento storico, indissolubilmente legate fra loro, ovvero la crisi energetica e l’inquinamento, viene dato di pensare che i Suv siano veicoli del tutto anacronistici: consumano troppo e troppo inquinano. Logica vorrebbe dunque che smettessero di essere prodotti e venduti. Dal momento che ciò non accade, che senso ha intraprendere una sterile lotta contro i proprietari di tali veicoli? Sarebbe decisamente molto più proficuo intervenire sulle case produttrici e parallelamente sull’opinione pubblica in generale mediante campagne informative. Le pressioni esercitate su questi due soggetti producono sempre effetti concreti, come dimostrano le tante campagne all’attivo di movimenti di consumatori, ecologisti, associazioni umanitarie ed altri. E’ del tutto inutile (ed incivile) prendersela singolarmente con i possessori di tali veicoli, così come a suo tempo era inutile (ed incivile) sporcare con la schiuma da barba o con il lancio di uova le pellicce delle signore che passeggiando avevano la sfortuna di incappare in un manipolo di esagitati animalisti. La battaglia contro il macabro tributo alla moda dell’utilizzo di pellicce animali segnò molti punti a suo favore quando si iniziò ad agire sull’opinione pubblica con pubblicità ad hoc da un lato, e protestando rumorosamente contro i rivenditori dall’altro.
Tornando a quella che è l’emergenza dei giorni nostri e che coinvolgendo il Pianeta in toto va ben oltre la sopravvivenza della specie, francamente riteniamo che occorra un serio ripensamento sul nostro modus vivendi ed una conseguente drastica riduzione dei consumi in generale.
Richiediamo informazioni veritiere ai nostri governi in merito a tutto ciò che è ambiente (si pensi, per dirne una, alla presa in giro del FAP, il filtro antiparticolato), facciamo pressioni perché si potenzi la ricerca di fonti alternative di energia e perché si faccia maggior ricorso alle energie rinnovabili, insistiamo perché venga potenziata la raccolta differenziata dei rifiuti ed il loro riciclo, esigiamo trasporti pubblici capillari ed efficienti, pretendiamo si installino pannelli solari in abitazioni, scuole, uffici e ospedali, richiediamo il divieto dell’aria condizionata ove non sia strettamente necessario (luoghi pubblici, attici, ospedali), pretendiamo una seria verifica delle emissioni di qualsiasi mezzo inquinante (dal ciclomotore alla caldaia), facciamo in modo che sia messa in atto una politica contraria al riscaldamento autonomo che - come dimostrano recenti studi - è più inquinante di quello centralizzato, promuoviamo l’abolizione delle insegne pubblicitarie luminose, il mantenimento e miglioramento del verde pubblico, il ripristino degli alberi abbattuti…. Dopo tutto questo e molto altro ancora, potremo anche prendercela con i Suv.

Istruzioni per l'uso

E' tornata Cristiana, ospite gradita che aiuta spesso il GPZ a cavarsi d'impaccio quando è a corto di tempo o d'ispirazione, o di entrambi.
Avrete notato, mio pubblico oceanico, che il GPZ non ha mai commentato quello che Cristiana scrive: a questa regola mi atterrò sempre con lei e con eventuali altri amici che in futuro volessero scrivere qualcosa su questa lavagna telematica; però mi corre l'obbligo di segnalare quando - come accade questa volta - sono in disaccordo. Inauguro quindi questa nuova modalità di interazione con Cristiana, ma non scriverò niente a motivazione del mio disaccordo; un po' per la mancanza di tempo e di ispirazione di cui sopra, e un po' perché un blog alla fine non è luogo di discussioni private: uno scrive, altra gente (folle sterminate!) legge, e ognuno si fa la sua idea. Quindi passate al post sotto a questo e buona lettura!

martedì 9 settembre 2008

La dama del lago

Per capire il mondo spesso è sufficiente osservarlo, senza starci a elucubrare troppo sopra. A me invece capita spesso di presumere troppo da me stesso, e allora mi lancio nella scrittura di quei post che, a posteriori, riconosco poi noiosissimi. Sono facilmente riconoscibili, perché si atteggiano a saggi brevi di matematica, economia, storia, sociologia o, - goduria sublime! – tutte queste cose insieme, per la confusione massima mia e di chi persiste nel leggermi.
Mi sono chiesto spessissimo, per esempio, come fa una persona intelligente e colta a votare per Chi-Sappiamo-Noi, che per Harry Potter vuol dire Voldemort e per noi indica… Beh, chi sappiamo noi. Perché ce n’è, di gente intelligente e colta che lo vota, e molti di loro pretendono di non farlo esclusivamente per interesse di parte. Perché è evidente: se si è intelligenti, colti e fondamentalmente egoisti, e in più nella vita si gode di un bel posticino al sole, allora è perfettamente chiaro perché lo si vota; il problema si pone per quelli che non solo sono intelligenti e colti, ma pretendono pure di essere in buona fede.
Il destino, evidentemente stufo dei miei sproloqui teoretici, mi ha messo nella condizione di osservare la Dama del Lago. Ci presenta un'amica comune che è entusiasta di lei: è chiaro che la Dama la incuriosisce, la trova affascinante e in qualche modo forse esotica, e probabilmente non ha torto.
- Sai, dice invitando me e la mia signora Cucciola a raggiungerla mentre è con la sua amica, che A. è proprietaria di un lago? Pensa, in Italia solo lei e un’altra persona hanno un simile titolo di proprietà.
Il GPZ, che in queste cose è molto vetero-repubblicano e non si è mai distaccato troppo dal comunista che fu in gioventù, chiaramente sobbalza - ma che dici, i beni demaniali, e la proprietà pubblica, e bla e bla e bla… Ma poi sto zitto, per non imbarazzare l’amica, davvero carissima.
La cena è proprio in riva a quel lago: un ristorantino davvero notevole per atmosfera e, scopriremo poi, anche per cucina. La Dama arriva e si presenta: cinquantacinque, forse sessanta, alta, bel portamento, chioma argentea, espressione severa ma non corrucciata, sguardo diretto, residui ancora cospicui di una bellezza non del tutto trascorsa. Il ristorantino, com’è ovvio, non è suo, ma si muove come chi è di casa: ci aiuta a ordinare, soprattutto me, che causa sindrome metabolica sono in costante difficoltà nel trovare cibo che non sia un attentato alle mie arterie e abbia però anche un minimo di sapore.
L’atmosfera è sciolta, si parla con cordialità, per cui figuriamoci se mi perdo l’occasione di sfruculiarla, e parto con la domanda; però non resisto alla tentazione di rispondermi da solo, anticipando che ovviamente non è possibile, e tutt’al più lei avrà un qualche diritto sulla produzione ittica e roba del genere, ma giammai può essere proprietaria delle spiagge e delle acque. Il seguito mostrerà che ho ragione, ma la Dama si irrigidisce sottopelle, una tensione appena percepibile, e puntualizza scandendo le parole che sì, la sua famiglia è proprietaria del lago da più generazioni, come suggellato da bolla del pontefice Pio X o XX e spiccioli. Il titolo si concretizza, ai giorni nostri, in un surgelatore pieno di coregoni, che A. ha il diritto di esigere da chi pratica la pesca sul piccolo specchio d’acqua, e che a onor del vero non esige molto di frequente, anche per non intasare l’elettrodomestico.
Lascio cadere l’argomento, sento di aver toccato un punto identitario, una di quelle piccole cose che ciascuno di noi coltiva per sentirsi speciale e che agli occhi degli altri sono forse debolezze, ma debolezze innocue, e non fanno male a nessuno.
Per il resto della sera più che altro ascolto: la Dama ha un'azienda agricola sulle rive del lago, e mal sopporta i vincoli che vengono dal parco naturale che include anche i suoi terreni. Racconta di vessazioni da parte dei guardiaparco, che ad approfondire il discorso però a me sembrano più provenire dal comune; diciamo che lei semplicemente non lo sa, chi è che la ostacola nel costruire il nuovo capannone, nel recintare un appezzamento coltivato, nell'asfaltare la strada che porta alla sua tenuta: non lo sa, ma freme e scalpita per non poter disporre disporre come meglio crede di "ciò che è mio", e quindi non le interessa capire da che parte vengono gli impedimenti, veri o presunti, perché lei per queste cose non ha tempo, perché "io ho un'azienda da mandare avanti". Ovvio, io non posso sapere se le vessazioni sono reali, magari la Dama ha ragione da vendere, ed essendo il GPZ ambientalista di antichissimo pelo, che conosce molto bene il vizio di molti cosiddetti duri e puri, non faccio fatica a credere che molte delle cose che racconta siano vere; ma questa rappresentazione caricaturale del personale del parco, manco fossero le Sturmtruppen; questa visione unilaterale di dove stanno i diritti (tutti dalla parte della proprietà, ovviamente); questa totale mancanza di rispetto per il lavoro degli altri, i guardiaparco, che nella migliore delle ipotesi sono dei fancazzisti pagati per andarsene in giro in fuoristrada, e nella peggiore degli estorsori; tutto questo è fastidioso. Il caso vuole che la capa di questa setta di presunti sadici assetati del sangue e del denaro della Dama risponda al nome di L. e si scopra più o meno a metà cena che si tratta, in realtà, di una ragazza con cui il GPZ è letteralmente cresciuto insieme: capace, sì, di eccesso di zelo, ma di certo anche graniticamente incorruttibile.
La narrazione della Dama comincia a vacillare, ma lei non arretra: continua imperterrita a lanciare strali contro il parco, che "non si può fare in una zona dove esistono quattro aziende agricole"; che in realtà il parco serva anche a far crescere queste aziende, e che se si dovesse usare un criterio del genere in Italia non ci sarebbe un solo parco, la Dama lo ignora: sa lei come far prosperare la sua, di azienda, purché la smettano di strangolarla con questi stupidi divieti. Certo, in un'altro tempo, quando ancora si poteva parlare di diritti collettivi e di fruizione del territorio senza essere accusati di sovversione, sarebbe stato facile opporre a questi argomenti monolitici (e monocordi) le ragioni della comunità, che ha diritto di veder tutelato un pezzo di natura incontaminato, indipendentemente dai cartelli con scritto sopra "sciò" che un proprietario può averci piazzato; le ragioni della Costituzione della Repubblica italiana, che è (ah ah, che ridere!) fondata sul lavoro, e non sulla proprietà privata; addirittura le ragioni degli animali selvatici, che se trovano tutti i sentieri sbarrati da recinzioni non possono più muoversi liberamente per procurarsi il cibo e alla fine muoiono; le ragioni del suolo, che se viene sistematicamente impermeabilizzato con colate di asfalto e di cemento e fondamenta di costruzioni non assorbe più l'acqua piovana e crea torrenti in piena ad ogni temporale. Io ascolto senza replicare, poi alla fine le spiego, semplicemente, che cosa è un parco e quali sono i documenti che deve chiedere all'ente gestore per sapere in modo certo cosa è suo diritto fare e cosa no; aggiungo pure che trovo strano che lei, dopo tutti questi anni di battaglie, ancora non sappia niente di quanto io le sto dicendo.
Ma la conversazione rischia di farsi pesante per l'amica cara che ci ha invitato e per la signora Cucciola, per cui la lasciamo scivolare su altro, ci allontaniamo da questo potenziale terreno di scontro, salvo inciampare un'altra volta quando cominciamo a parlare di architettura: lì viene fuori che il cattivo gusto e la speculazione edilizia criminale che hanno devastato il paesaggio italiano sarebbero per la Dama niente più che il peccato veniale di un popolo giovane ed entusiasta, che nella smania di crescere sì, ha commesso degli eccessi, ma insomma, si tratta pur sempre di slancio vitale, sembra voler dire la Dama; solo sembra, perché qui mi inalbero davvero e le impedisco di proseguire, ma dov'è quest'energia vitale degli italiani, questo popolo rincoglionito governato da gerontocrati egoisti, questa accozzaglia di pecoroni incapaci di qualsiasi spinta in avanti, di qualsiasi innovazione. Dov'è? E incredibilmente, forse con il solo scopo di piantarla lì, la Dama mi dà ragione. Ma gli occhi dicono un'altra cosa.
La cena finisce, saluti, bacini sulle guance, invito a casa per la prossima volta, pare che sia davvero bellissima questa tenuta sul lago, la dobbiamo assolutamente vedere; e ci andrò se la Dama ci inviterà, perché nonostante quel po' di tensione la conversazione è stata interessante, e la Dama non mi è dispiaciuta. Fra l'altro di preferenze partitiche non si è mai parlato, non lo so se davvero vota per Chi-Sappiamo-Noi, ma ce la vedo. E' questo che ho capito: come fa una persona intelligente, colta e convinta di essere in buona fede a schierarsi da quella parte. Oddio, sulla buona fede forse qualcosa da dire ci potrebbe essere, ma in fondo per costruirsi questo alibi basta fare come fa lei: ignorare sistematicamente le ragioni dell'altro, ridurlo a caricatura, deriderlo, sminuirlo, fare piazza pulita dei suoi valori (attenzione: non contestarli, che è già riconoscerli, ma proprio ignorarli) e lasciare in campo solo i propri, di valori. O, ormai si può dire, di interessi.
Sono passati un paio di mesi da quella cena, ma alla Dama ogni tanto ci penso ancora. Brava persona, certamente, secondo i canoni borghesi, e probabilmente ospitale e generosa, eppure a me è rimasta l'impressione di un fondo gelido che si cela in lei, come se qualcosa dentro le fosse diventato pietra. Ho conosciuto altra gente così, che dal linguaggio, dal modo di muoversi e da mille altri particolari tradisce una gioventù, forse anche un pezzo di maturità, in cui pensavano altro, o almeno dicevano di voler fare altro, e poi "al disvelar del vero", direbbe Leopardi, hanno sbracato e si sono fatti pure le loro ragioni, posticce eppure solide abbastanza da poter occupare il posto che fu degli ideali, o almeno delle idee. Gente che ieri voleva cambiare il mondo e oggi vive di Yoga e business, di filantropia magari, nel senso che restituisce le briciole di ciò che prende e tacita così una coscienza che qualche inquietudine deve pure nutrirla: in fondo è così che si fabbrica la buona fede.
Non so, in questo il GPZ forse è davvero molto vetero, ma a me pare che questi non siano i piccoli conflitti interiori e le incoerenze fisiologiche che ciascuno di noi si porta dietro; a me pare che contraddizioni così possono essere tenute insieme solo con uno strato alto così di pelo sullo stomaco e una dotazione massiccia di robusto cinismo.
Che poi si possa addirittura convincere se stessi che questo mix risponda al nome di buona fede, proprio questo non riesco ancora a crederlo. Mi toccherà aspettare un altro incontro illuminante, per venire a capo anche di questo mistero.

lunedì 8 settembre 2008

Autonomia fagottara - ultimo atto

Beh, direi che mo’ è ora di finirla davvero con ‘sti fagottari. Già ci hanno rotto le scatole in vacanza, mi pare che di importanza gliene stiamo dando pure troppa. Certo, le avventure ai limiti della (sur)realtà sono state tante e tali che è forte la tentazione di raccontarle tutte (ma ti ricordi quello là… - sì, e allora quell’altro che…); ma direi che possiamo chiudere, con grande vantaggio per i cabbasisi di tutti, con qualche hit raccolta qua e là.

Hit nr. 1: il GPZ è semisdraiato sulla sua amatissima sediola da spiaggia e sta leggendo, incurante della torma selvaggia che ormai lo accerchia; arrivano tre ragazzini manco troppo piccoli, diciamo tra i dieci e i quattordici, e si mettono a giocare a bocce a trenta centimetri dai suoi puzzopiedi. Avendo ormai definitivamente represso lo spirito selvatico di ‘U Gattupuzzu, l’urbanissimo GPZ si limita a guatarli stortissimo e a soffiare feroce ogni volta che le bocce (non proprio leggerissime) gli sfiorano le zampette, ma la cosa non sembra turbare affatto i fagotto-marmocchi. Ad un certo punto il GPZ vede avvicinarsi la mamma di uno dei tre, e sta per lasciarsi andare ad un sospiro di sollievo, se non fosse che… Voi credete che la mammina padana abbia vigorosamente richiamato alle regole della civile convivenza i pargoletti? Ma manco per sogno: - Uhè, ma che bèllooo!!! Qua, date anche a me, che voglio giocare anch’io…

Hit nr. 2: spiaggia di Lozari, quella di cui ho già raccontato, bellissima, scoscesa e ventosa; GPZ e Cucciolotta stavolta sono fieramente determinati a tenere a debita distanza gli orchi, e quindi non solo arrivano presto, ma si fanno un buon mezzo chilometro con i fagotti (anche loro!) in collo, prima di eleggere domicilio. Il fagottaro, infatti, normalmente è animale assai pigro e abitudinario, e difficilmente si spinge ad esplorare lidi estremi al di fuori del suo rassicurante orizzonte abituale, e in questo modo speriamo di seminarli. Fidando nelle caratteristiche della specie così acutamente annotate dal GPZ, ci disponiamo perciò a godere di una meritata giornata fagotto-free. Anticipo subito che la furbissima concatenazione ipotetico-deduttiva si è rivelata assolutamente giusta: per tutto il giorno, abbiamo goduto in santa pace del sole, del mare, della spiaggia e della compagnia dei nostri amici, ma, ahimè… Ci siamo persi uno spettacolo davvero mirabile, di quelli che capitano una volta nella vita, tipo un’eclissi totale di sole… Anche dalla remota distanza da cui l’abbiamo ammirato, lo spettacolo è apparso davvero stupefacente: da dietro una duna è apparso, piccolo piccolo per la distanza, il maschio alfa (ho dimenticato di dirlo, ma l’orda è ordinata secondo un rigido schema gerarchico-funzionale di branco); dietro hanno cominciato a snodarsi le processionarie (come vedete, anche la terminologia scientifica per la descrizione della specie si sta pian piano sedimentando). La fila era interminabile, più di qualsiasi altra vista fino a quel giorno; per un momento abbiamo temuto che ci avrebbero raggiunto e spazzato via, ma per fortuna la teoria della sedentarietà tendenziale dell’orda si è rivelata giusta. Fatte poche decine di metri, il maschio alfa ha dato il segnale (confesso di non essere ancora riuscito a identificarlo con certezza, ma propendo per l’ipotesi che esso coincida con una serie di suoni gutturali come “Ohè, belin…Ostia, Uhè…” e similari); la colonna si è fermata, e in perfetto stile militaresco si è divisa in due, poi in quattro, finché sono emersi con chiarezza i ruoli e i compiti di ciascuno: le femmine a disporre in bell’ordine frigoriferi da viaggio, teli da mare, parei e a menare ceffoni d’ordinanza alla volta della schiera dei marmocchi; i maschi a fare il lavoro duro: gonfiare materassini, aprire sedie pieghevoli e sdraio e rizzare ombrelloni con un impegno che manco stessero tirando su l’acquartieramento dell’esercito americano dopo lo sbarco in Normandia. Il risultato è semplicemente sbalorditivo: dal nulla sorge in pochi minuti sulla sabbia scoscesa di Lozari una tendopoli, un vero e proprio slum, una favela in miniatura con i suoi vicoli, i suoi sentieri, le piazzette dove la gente si incontra vociante e urlante, con papà e nonni che tirano fuori canne da pesca ed effettuano lanci dimostrativi di lenze (per fortuna senza amo) incuranti della gente a cui il filo di nylon sibila a dieci centimetri dalla testa, con mamme che rincorrono pargoli ipereccitati per tutta la spiaggia, con gran pericolo per tutti i malcapitati che si vengono a trovare sulle traiettorie di fuga e di inseguimento.
Confesso che di fronte a siffatto spettacolo ho rimpianto – evidentemente il mio rapporto con la specie fagottara è quanto meno ambiguo – di non essermi accampato più vicino, per poter meglio ammirare la perfezione - oserei dire paradigmatica - di questa colonia.
Il nostro amico russo, che non sa stare fermo e passeggia in continuazione in spiaggia, passandogli accanto ne ha contati quarantasette, tutti stretti stretti, core a core, autocostretti in una enclave a densità giapponese che di tanto in tanto si apriva pericolosamente al mondo esterno, vomitando fuori palloni e bocce, lenze da pesca e frisbee, turbini di sabbia e di urla, per lo scoramento collettivo di tutti quanti gli stavano intorno, che infatti si sono a poco rarefatti fino a scomparire del tutto, lasciando l’isola degli orchi ben delineata e visibile in mezzo al mare di sabbia, sguaiata e gongolante, e naturalmente anche intrinsecamente, irresistibilmente, purissimamente PADANA.

Hit nr. 3: e con questa la finiamo davvero. La scena è Ghineparu, la spiaggia bella con gli scogli. Stavolta le processionarie arrivano presto, appena una mezz’ora dopo GPZ e signora; incredibile uditu da parte di una femmina della colonia: - Né, ma che meraviglia a quest’ora la spiaggia, quando non c’è nessuno…
Poi sono arrivati i maschi, guidati da quello alfa che si è piazzato a pianificare la campagna di colonizzazione, in piedi petto in fuori come un generale, mentre i fuchi hanno cominciato a trafficare e uno di loro che si è potuto inventare? La cosa più logica del mondo: visto che io e la mia cucciolotta ci eravamo messi piuttosto in avanti, quasi sul bagnasciuga, per goderci meglio quel mare meraviglioso, lui prende e comincia a carreggiare una quantità stratosferica di materassini, coccodrilli, aeroplani, moto di gomma, orche assassine, insomma tutto lo scibile gonfiabile (già gonfiato) e ingombrante che la fantasia di un giocattolaio cretino può partorire, e ammucchia tutto in una montagna alta non meno di un metro e mezzo proprio davanti a noi; ché nella sua malconcia rete neuronale, evidentemente, ci eravamo piazzati lì proprio in attesa che lui ci mettesse in condizione di rimirare il meraviglioso giocattolame dei pargoli padani.
Il GPZ, orfano come detto più volte di ‘U Gattupuzzu, si è accasciato vinto; ma la signora Cucciola, infinitamente più reattiva, ha deciso di piazzare la zampata: - Senta, scusi, non è che sarebbe così gentile da spostare questi giocattoli, di modo che io e mio marito si possa continuare ad avere la visuale sul mare, che è esattamente il motivo per cui ci eravamo piazzati qui, essendo che oggi è il nostro ultimo giorno di permanenza e trarremmo piacere dal portare via nelle nostre pupille l’immagine del cielo azzurro che si tuffa nel verde del mare?
Il bruto, così apostrofato, vacilla: lentamente si gira, spalanca gli occhi a palla, socchiude la bocca e poi la richiude, nel tentativo di articolare un suono che possa degnamente rispondere all’interrogativa buttata lì dalla mia cucciolotta, e di cui lui però non ha proprio capito nemmeno una virgola. Poi sembra riprendersi, qualche neurone superstite deve aver fatto gli straordinari e avergli fornito almeno la chiave interpretativa minima, spostare – giocattoli, ed essendo incapace di motivare il no decide incredibilmente di eseguire, sia pur mugugnando – uh, ma tanto siam così tanti… adesso arrivano anche gli altri… Argomento che non si capisce, con tutta la buona volontà, che nesso logico possa avere con il nostro diritto (rivendicato) a vedere il mare.
Confesso che mi ha fatto una pena tale che mi sono precipitato ad aiutarlo, la qual cosa lui non ha saputo come interpretare, e infatti ha continuato a mugugnare (senza però che fosse più intelligibile quanto andava grugnendo) guardandosi bene dal dirmi almeno “grazie”.
La mia cucciola sostiene di aver intravisto, verso la fine della scena, un barlume di intelligenza affacciarsi faticosamente allo sguardo del fuco, e si picca tuttora di aver gettato un seme, di averlo forse addirittura redento, mettendolo in grado – finalmente - di capire; ma queste, io penso, sono illusioni tipicamente femminili, tipiche di queste deliziose creature che si illudono ancora che il mondo possa essere salvato da cose come la gentilezza, il dialogo, la condivisione. Il GPZ è molto più pessimista e, pur ammirando sconfinatamene il piccolo miracolo compiuto dalla sua signora che ha domato l’orco, non crede che questo potrà mai ripetersi in futuro; e per questo, se – come davvero vorremmo – in futuro dovessimo tornare a godere di questa terra meravigliosa, le cose sono due: o verremo a luglio, quando (almeno in base all’esperienza dell’anno scorso) gli orchi erano infinitamente di meno; oppure fagottari temete, perché stavolta non farò più nessuno sforzo di continenza e non sarà più il GPZ a fronteggiarvi: ve la dovrete vedere con… ‘U GATTUPUZZUUUUUUUUUUUUUU!!!!!!!!!!

domenica 7 settembre 2008

Autonomia fagottara - terza parte

Dunque, ci siamo: raccontati gli antefatti, è ora di concludere l’epica narrazione dello scontro GPZ versus Fagottari. Che poi scontro non è stato, dato che, tenendo a freno ‘U Gattutpuzzu (leggi più sotto, http://ilgattopuzzo.blogspot.com/2008/09/autonomia-fagottara-intermezzo.html, n.d.r.), il GPZ si è condannato da solo ad una desolante e desolata passività, tipica di chi non è sempre capace di far valere le proprie ragioni senza ricorrere alla viuuuleeeenza più estrema e si rassegna, quindi, ad abbozzare. Ma per fortuna c’era anche la signora cucciola, che almeno una zampata l’ha piazzata.
Altra spiaggia, altri esemplari: il paradiso di Ghineparu, subito dopo Ile Russe, si raggiunge dopo breve migrazione podistica per un sentierino che attraversa la ferrovia, e si caratterizza per la presenza di alcuni scoglietti, proprio alla fne del sentiero, davvero deliziosi: ci puoi appoggiare l’asciugamano, fanno ombra alla bottiglia dell’acqua, ma soprattutto movimentano il paesaggio e proseguono in acqua, scurendo con la loro massa la tonalità verde smeraldo e rendendo lo spettacolo, già favoloso, ancor più fantastico. Naturale, quindi, che GPZ e signora Cucciolotta stazionino lì, arrivando la mattina presto quando ancora non c’è nessuno nei paraggi.
La pacchia, ovvio, dura poco, perché anche qui si appalesano presto, infestanti e infiniti come una fila di processionarie, gli italioti portatori di fagotti.
Intendiamoci, non è che noi abbiamo nulla contro i fagotti in sé, anzi: carichi come siamo di panini, acqua, ombrelloni e materassino possiamo senz’altro incorrere a nostra volta nel temuto appellativo, e non mi sentirei di rimbeccare chi dovesse affibbiarmelo; e non dimentichiamo, poi, che l’archetipo del fagottaro è il popolano del secondo dopoguerra che finalmente si può permettere il mare, dopo secoli di penuria, e però è costretto a portarsi tutto da casa perché, poverino, i soldini per arrivare al mare in cinquecento (marito moglie suocera e due marmocchi) ce li ha, ma basta così, e non può certo scendere in stabilimento ad affittare l’ombrellone e pasteggiare al ristorantino sulla spiaggia; si tratta di una figura quasi nobile della rinascita italiana, dunque, benché più volte derisa, e su quel tipo di fagottaro e sui suoi eredi (a breve dedicherò un post anche a loro) mai mi sognerei di affondare lo stiletto polemico. Ma qui è di altri fagottari che si sta parlando, della degenerazione della specie, e mi perdonerete se, in cerca di chiarezza e incisività, mi sono risolto ad adoperare lo stesso vocabolo per designare i barbari da spiaggia.
Arrivano tutte le mattine in fila indiana, non meno di venti-venticinque, e fin qui niente di male; bambini urlanti e scalcianti sabbia sugli altri frequentatori della spiaggia, come noi, e nessun genitore che si perita di richiamarli; piantano i loro ombrelloni dove gli pare, incuranti della presenza degli altri, che si ritrovano all’improvviso, a seconda dei casi, o circondati alla distanza d’ordinanza di dieci centimetri o ombreggiati senza mai aver chiesto questo beneficio.
L’accampamento viene rizzato con una velocità e un’efficienza da far invidia alle truppe di Giulio Cesare, e qui si vede senz’altro la superiorità del longobardo sul romano: e sì, perché il gruppone è tutto padano, fino al midollo, e l’idioma tutt’altro che sussurrato non lascia dubbio alcuno. Non sono solo i bambini a urlare, genitori e nonni non sono affatto da meno, anzi… Proviamo ad analizzare, ancora una volta con lo spirito freddo e scientifico dell’entomologo, un campione di dialogo tra due esemplari maschi adulti della suddetta orda: - Uhè Mario, non è che mi daresti una mano con l’orecchio? Sai, mi shi è tappato… Mi han detto che tu sai fare da solo, è vero? – Ma scertooo… l’ultima volta che scion andato dallo stappatore (sic!) mi ha scucito ottanta euri… E allora mi scion detto ma va là, che scion capace anche da solo… - allora che faccio, vengo da te stasera? – OK, ti aspetto in camera, porta una bacinella, eh, che ne esce di roba… - Ma davvero? – Ehhh… Non pare, ma un orecchio ne può contenere di robaccia, altrochè se ne può contenere…
Analizziamo…
Ma che cazzo c’è da analizzare? A me sta venendo da vomitare solo a ricordarlo, e questi due cazzoni l’hanno urlato in faccia a una spiaggia intera, e fortunati i crucchi e i francesi che almeno non hanno capito una parola!
Bleah! Razza padana, sì… Ma se vogliono fare la secessione, perché non gliela facciamo fare davvero? Ma voi la sentireste la mancanza di questa gente? Basta, il GPZ ha lo stomaco delicato, non ce la faccio più a raccontare queste efferatezze… E mi manca ancora di narrare l’insurrezione della cucciola, e tanto tanto altro… Vabbè, mi rassegno, non sarà questo l’ultimo atto, ne seguirà almeno un altro, e chissà, forse anche altri due…
Buona vita a tutti voi!

venerdì 5 settembre 2008

Autonomia fagottara - seconda parte

Avete letto l’intermezzo (il post sotto a questo)? Sì? Bene, allora possiamo proseguire. Però leggetelo, perché è propedeutico.
Dunque, in cerca di una nuova spiaggia d’elezione, il GPZ e Signora Cucciola (dismettiamo gli avatar francesi, che alla fine mi danno sui nervi) si fiondano su Lozari: un po’ scoscesa e molto, molto ventosa, ma comunque superlativa. Qui, soprattutto arrivando presto, si sta davvero bene, e questo noi facciamo, mentre le due famigliole che sono con noi se la prendono comoda e ci raggiungono più tardi. Il GPZ sarebbe un vile mentitore se raccontasse di essere stato infastidito anche qui dagli italici portatori di fagotti, ma qualcosa da raccontare c’è lo stesso.
Intanto, l’incontro con una rarissima famigliola di fagottari germanici: io non ho mai capito l’impulso che spinge la gente, su una spiaggia enorme e completamente deserta, a piazzarsi a dieci centimetri dal tuo asciugamano, e giuro che prima o poi lo chiederò a qualche eminente sociologo, o psicologo, o magari direttamente al molestatore. Sta di fatto che il GPZ deve avere una specie di calamita per questi soggetti, perché il primo giorno sulla nuova spiaggia (ribadisco: deserta), dopo dieci minuti che eravamo lì, eccoci di nuovo: arriva una tizia bianchiccia, flaccida e tutta vestita, con una faccia che in fondo – penso – Lombroso proprio del tutto torto in fondo non aveva, e che fa? Piazza l’asciugamano accanto al mio e mi si accoccola vicino.
Seguono quattro marmocchi più marito pingue, bassottino e grassottello con occhialini d’ordinanza, che non si toglie nemmeno quando entra in acqua.
L’entomologo che è in me mi ha salvato dal dare libero sfogo a ‘U Gattupuzzu, che premeva per uscire e prenderli seduta stante a calci tutti quanti, fino ai valichi alpini della natìa Alemagna; perché era davvero interessante osservare con occhio scientifico, senza ombra di pregiudizio, il comportamento (a)sociale di questi magnifici esemplari: della fisiognomica dei genitori ho già detto, di quella dei figli non c’è molto da dire, se non che ce n’era uno inspiegabilmente bellino. La mattinata il papino l’ha trascorsa tutta in acqua, manco fosse una foca, mentre mammina non si è bagnata mai, ma soprattutto non si è neppure (alleluia!) spogliata: si è limitata a stazionare al limitare della nostra ombra, aggiungendo la sua (sgradita) a quella degli ombrelloni nostri e dei nostri amici.
Il GPZ, perfido, leggeva, ma da dietro al libro gli occhi emergevano a scrutare impietosi i giochi (pietosi, quelli invece sì) del papino-otaria e dei suoi figlioli: la signora Cucciola, che l’idioma crucco lo capisce, mi assicurava la totale insipienza dell’intera conversazione, che a quanto pare si è svolta per intero mediante l’uso di quattro-cinque vocaboli di base tipo “salta”, “tuffati-che-papino-ti-prende”, “adesso-tutti-insieme”, “sorridi-alla-mamma-sulla-spiaggia”.
La classificazione della specie non è stata difficile: trattavasi indubbiamente di esemplari di Gioventù Ardente Mariana, o Focolarini (Fagottarini, magari? Ci sono?), o qualche altra perniciosissima setta.
A quel punto, perso ogni interesse, ho concluso la mia indagine scientifica e ho spostato l’asciugamano e la sediola. Quando se ne sono andati non me ne sono accorto, ma era certamente troppo tardi.
Sono seguite ore languide e bellissime di bagni e di sole, durante le quali ho finalmente riassaporato la Corsica che avevo conosciuto l’anno scorso, accogliente e discreta.
Ma credete davvero che la tenzone GPZ versus Fagottari sia finita qui? Eh, no, cari miei! Sarebbe stato troppo bello, e probabilmente non sarebbe valso nemmeno la pena raccontarla…
Ma restate su questi schermi, vi prometto che entro lunedì vi racconto il resto.
Buon week end a tutti!

Autonomia fagottara - intermezzo

Eh sì, lo so… Vi sentite trascurati e abbandonati dal vostro GPZ, che dopo avervi abbindolato con il miraggio dei succulenti resoconti delle vacanze corse si è dato alla macchia, inseguendo la sua natura silvestre…
Niente paura, si tratta solo di shock post vacanziero, il GPZ si riorganizzerà presto e ricomincerà a intrattenervi quotidianamente, come le vostre eccellentissime persone indubbiamente meritano.
Dunque, eravamo rimasti alla ritirata strategica, per dirla come Rommel, di Monsieur le ChatPuz e Madame Cucciolà dalla mirifica spiaggia di Ostriconi, ormai perduta all’Eden e irreversibilmente inghiottita dall’Orda dei Fagottari, al cui confronto gli orchi del Signore degli Anelli possono tranquillamente passare per compassati gentleman oxfordiani.
Vi chiederete, tra parentesi, la ragione dei vezzosi appellativi che hanno designato GPZ e signora nella puntata precedente, che sono tra l’altro francesi, e quindi poco rispettosi della fiera anima autonomista del popolo corso che ci ha ospitato; ebbene, dovete sapere che il Gattopuzzo (e per estensione la sua signora, familiarmente detta Cucciola) è un animale localizzativo, o se preferite un cambiaforma, un metamorfo: insomma, la specie è forse l’ultima a conservare quella rarissima capacità che ormai appartiene solo ai software, e che consiste nell’assumere la forma esteriore che più si confà all’ambiente in cui si è immersi. Si tratta di una manifestazione del principio di conservazione dell’energia, in virtù del quale la forma assunta da ciascuna specie vivente è quella che meglio consente di utilizzare l’energia, dati i vincoli ambientali; nel caso del GPZ, la cosa si estende anche al nome e a quello della sua signora.
Ora capirete, quindi, le remote origini delle fosche leggende che appena appena si osa sussurrare accanto al fuoco nelle notti buie di tante contrade dell’orbe terracqueo, e che narrano di misteriosi esseri che di volta in volta in volta si manifestano come Gattopuzzo (Italia, con l’aggiunta della variante Jatte Puzze in Abruzzo e Molise), ChatPuz (Francia), El Gato Puzo (aree di influenza spagnola, in Europa e in Sudamerica), e così via.
La localizzazione corsa – ‘U Gattupuzzu - è particolarmente feroce e bellicosa, e per questo il vostro amichevolissimo GPZ aveva optato per la versione francese, più gentile e urbana, essendo lui e la sua signora di grandissimo buonumore all’inizio della vacanza e non volendo affliggere gli amici con le ruvide manifestazioni di territorialità del selvaticissimo Gattupuzzu.
Vi anticipo subito che durante la vacanza ‘U Gattupuzzu non si è mai manifestato, grazie alle fatiche immani che il GPZ ha profuso per evitare la metamorfosi, che è molto più cruenta di quella che trasforma il povero Bruce Banner in quel pupazzone verde noto ai più come l’incredibile Hulk, e che si crede chissà chi solo perché non ha mai incocciato ‘U Gattupuzzu, che ne farebbe in pochissimi minuti una appetitosissima lasagna verde degna della migliore cucina emiliana.
Ora però sono pentito, perché l’Orda un bel ruggito in faccia se lo sarebbe senz’altro meritato, altroché…
Ma passate oltre questo intermezzo, vedrete che qualcosa poi è successo!

martedì 2 settembre 2008

Autonomia fagottara - prima parte

Ciao a tutti, il GPZ è tornato!
A dire la verità, il vostro felino preferito è già in circolazione per la città eterna da un paio di giorni, ma è ancora stordito dal dolce fancazzismo della vacanza appena trascorsa e non è particolarmente ispirato alla scrittura. Mi piego per senso del dovere verso il mio blog e soprattutto per gratitudine verso la Corsica, che è talmente bella da non meritare la mia pigrizia; però chiedo subito perdono alle legioni di lettori per lo stile evidentemente pesante, lo sento che non sono in vena. Vabbè, mica sempre si può volare alto…
Il GPZ, per il secondo anno consecutivo (cosa mai successa prima), è andato in vacanza in Corsica, accompagnato dalla sua signora Cucciola, dalla coautrice di tanti post Cristiana (e famiglia) e da una simpatica famigliola russo-romana di amici loro, che adesso sono pure amici nostri.
Le bellezze della Corsica non le decanto, per i miei gusti ci ho trovato pure troppa gente e avrei preferito potermele godere in maggiore solitudine; per cui, onde evitare di invogliare troppo qualche lettore di passaggio, mi tengo per me foto ed emozioni sperando così di non incrementare ulteriormente il numero spropositato di compatrioti che ne affollano le coste. E qui arriviamo alle dolenti note, ahi ahi ahi…
Se non fossi il Gattopuzzo che sono - ruspante, campagnolo e ben fiero delle mie origini contadine, benché perfettamente mimetizzato nell’ambiente urbano - non mi arrischierei a scrivere quanto sto per scrivere, perché già lo so che più di uno mi darà dello snob; e allora passiamo direttamente ai fatti, che parlano da soli e mi evitano pure di dover fare lo spiritoso per tirare su il tono del post.

Scena 1 - Spiaggia L’Ostriconi

L’Ostriconi è un fiume che si getta nel mare in un posto fantastico, una spiaggia di sabbia bianchissima con acqua di un verde caraibico dalle trasparenze luminosissime, il fiume alle spalle e il mare davanti, una cosa da urlo. L’anno scorso (ma venimmo a luglio) questo posto diventò la nostra spiaggia di elezione, passammo lì quasi tutta la vacanza. Quest’anno ci siamo fiondati appena arrivati, la mattina presto, e ci siamo sparapanzati a godere (pensavamo noi). Questo il tristissimo svolgimento della mattinata:
- Monsieur Le ChatPuz: che meraviglia!
- Madame Cucciolà: sembra davvero di stare ai Caraibi!
- Monsieur Le ChatPuz: …….. (sospiro metafisico)….
- Madame Cucciolà: …… (silenzio mistico)…..
- Monsieur Le ChatPuz: certo che quest’anno è proprio sporca però… guarda qua che schifezza! Bottiglie di plastica, tovaglioli… Lì c’è un cestino, aspetta che do una pulita, mi sembra davvero un crimine sporcare questo paradiso… Ecco fatto, adesso va decisamente meglio!
- Madame Cucciolà: mmhh… sì, in effetti l’anno scorso non abbiamo mai visto rifiuti abbandonati, è strano...
- Monsieur Le ChatPuz: però… guarda un po’ la gente che sta scendendo…
- Madame Cucciolà: sì, ma la spiaggia è talmente grande… e poi anche l’anno scorso - ti ricordi, no? Erano tutte persone tranquillissime… Piuttosto ‘ste vespe… Mamma mia, ma quante ce ne sono?
- Monsieur Le ChatPuz: mi sa che il gruppone che arriva sono tutti italiani, certo quest’anno ce ne sono proprio tanti!
- Madame Cucciolà: mmmhhh…. Lasciami leggere, che chiacchieri troppo!
- Monsieur Le ChatPuz: …….. (nuovo sospiro metafisico)….
- Madame Cucciolà: …… (prolungato silenzio mistico)…..
- Monsieur Le ChatPuz: ma… e no, che cavolo! Ma di tutto questo spazio proprio a dieci centimetri mi si dovevano appiccicare questi?
- Madame Cucciolà: e diglielo!
- Monsieur Le ChatPuz: e che gli dico? Dovrei fare un comizio, non hai visto quanti sono? Ci hanno circondato!
- Madame Cucciolà: e che cazz… questo ci si è piazzato proprio davanti, non si vede più nemmeno il mare! Ci manca solo che ci prende l’ombrellone e ce lo sposta!
- Monsieur Le ChatPuz (alzando gli occhi verso il sentiero): oddio, ma che è? Sembra la fila delle formiche quando rientrano al formicaio! Ma quanti cazzarola sono?
Fagottari (parlando in una radiolina!): uhè, ma dove siete? Noi siam già qui… vi abbiam preso il posto, vi abbiam preso… sta con voi il Luca?
- Madame Cucciolà: non ci posso credere… ma chi sono questi selvaggi? E guarda che macello che hanno fatto in dieci minuti, sono loro che hanno lasciato tutta quella spazzatura! Ma sono degli animali!
- Monsieur Le ChatPuz: e sono pure tutti italiani…
- Madame Cucciolà: italiani un cavolo… questi sono padani, se vogliono fare gli autonomisti lasciaglielo fare, che meno ci confondiamo con loro e meglio è!
- Monsieur Le ChatPuz: oddio, e questi adesso che fanno? Pure dietro ci si piazzano, e sempre a dieci centimetri! Ma che è, soffrono di solitudine?
- Madame Cucciolà: aiuto! Le vespe, i fagottari della Padania… Io qui non ci sto un altro minuto, ‘fanculo L’Ostriconi, quest’anno se è così non mi vede proprio!
- Monsieur Le ChatPuz (tristemente annuisce): e io che pensavo di averli lasciati tutti a Rimini…

Monsieur Le ChatPuz e Madame Cucciolà, a questo punto, raccolgono le loro cose indignati e desolati e se ne vanno, abbandonando il campo alla masnada, che tanto non potrebbero far nulla per contrastare. Ma questa è solo la prima puntata della puzzonovela del GPZ in Corsica, vacanze 2008: aspettate i prossimi post, e ne leggerete delle belle…
Fine prima puntata - continua