domenica 28 giugno 2009

Registi de firm de paura


Ve lo ricordate il mitico Corrado Guzzanti in non so più quale delle tante trasmissioni esilaranti degli anni ’80 – ’90? Quando faceva , appunto, il regista di film “ de paura”. La realtà l’ha superato da parecchi anni, con tutta una classe politica a lucrare sull’uomo nero: che ruba, stupra, ammazza, rapina, ci rovina il sonno ed è pure brutto, tutto sporco e sporca pure le nostre linde (?) città. Bisogna averne paura? Sììììììì!!!!! E chi ci proteggerà? Le rondeeeeeeee!!!!!!!!!
Però mica di tutto tocca aver paura: state a sentire come si incazza l’onorevole ministro Tremonti – regista “de paura” ben più in gamba di Guzzanti - se qualcuno pubblica un bollettino in cui ci sono scritte nero su bianco le cifre della crisi: “Quando c'è una crisi, proprio perchè c'è una crisi, il messaggio deve essere anche di fiducia - ha proseguito Tremonti - Durante la grande Depressione, il grande presidente Roosevelt, al Caminetto, diceva agli americani per radio: uscite di casa, verniciate il vostro garage, andate al cinema, mangiate una bistecca, l'unica cosa di cui dovete avere paura, è la paura stessa. Ecco questo è il senso politico del messaggio che ha dato il presidente Berlusconi e che cerco di dare anch'io. Non è rimuovere la crisi ma, proprio perché c'è la crisi, basta dirlo tutti i giorni, in tutti i modi sulla televisione, in modo ossessivo”.
Capito? Questi sì che sono politici: d’altronde, ce l’hanno detto fino a farcele quadrate, in campagna elettorale, che loro sono qui per occuparsi dei “problemi veri” degli italiani; i problemi veri essendo, pare di evincere, la pericolosissima vicinanza di stranieri i cui crimini sono enfatizzati oltre ogni decenza, manco fossero calati i barbari;e non essendo, invece, l’asfissia di qualche milione di persone che non sa più dove sbattere la testa, avendo perso pure il precariato.
Complimenti, popolo italiano: tu ancora la difendi e la voti, questa gente.

venerdì 26 giugno 2009

Noi però non siamo razzisti...

Limbiate, pestaggio a sfondo razzista contro il padre della scrittrice Ghazi
Per una banale questione di parcheggio una famiglia di cinque persone si è accanita ferocemente sull'egiziano
L'autrice 22enne ha scritto un libro sugli immigrati di seconda generazione

giovedì 25 giugno 2009

Incazzatura in salsa leghista


Quando la Lega nacque ero giovanissimo e talmente pieno di ideali da provare ripugnanza genuina per tutto quel loro parlare di schei. Adesso provo ripugnanza lo stesso, ma lo so che quello strano sono io, in un paese che agli ideali ha abdicato in modo clamoroso e totale da parecchi decenni. Certo, quando uno si accorge di essere preso per il culo, magari un’alzatina di testa la fa, però.
Il mio datore di lavoro ha il pregio di compilare buste paga riepilogative annuali, cosa che non tutti fanno. Questo mi dà modo di vedere con molta facilità quanto guadagno, anno per anno, senza l’inquinamento che nella denuncia dei redditi può essere dato da entrate di altro genere rispetto al lavoro dipendente. L’esito del confronto è stato questo: nel 2008 ho guadagnato circa 1.500 euro più del 2007 al lordo, e 300 euro di meno al netto. Ma l’inarrivabile nano non doveva abbassare le tasse?
Dice che è l’eredità che gli ha lasciato Prodi. E il tempo per rifarla, la disciplina fiscale, non ce l’ha avuto?
Ma la mia incazzatura è un’altra: da Prodi il balzello lo avevo accettato perché la coppia più odiata dagli italiani (Padoa Schioppa e Visco) gli evasori aveva cominciato a stanarli sul serio, e quindi potevo davvero pensare che i miei soldi sarebbero serviti a pagare salari di solidarietà o asili nido; adesso, invece, so che l’evasione è ripartita alla grande, che le tasse in Italia le paghiamo per il 78% noi dipendenti e però all’asilo nido ci va il figlio del gioielliere e la casa popolare se la becca un tizio che va in giro in Porche (li hanno beccati di recente).
A questo punto mi incazzo anch’io per la vile pecunia: ma per quale cazzo di motivo io devo pagare i servizi a gente che guadagna dieci volte quello che guadagno io?
Invidia di classe – adesso hanno inventato questo termine con cui bollare la rabbia di quelli come me. No cari i miei berluscones, non è invidia, perché mi fate un sincero schifo dal punto di vista estetico, prima ancora che morale, con la vostra ignoranza crassa, i capelli unti e il sorriso untuoso. Al posto vostro io mi sparerei ogni mattina in bocca invece di farmi la barba o di mettermi il rossetto, figuriamoci se posso invidiarvi. Il termine giusto è odio: odio di classe, quello di Marx. Perché più passa il tempo più mi convinco che quel signore con la barba aveva davvero capito tutto, tranne la coglionaggine del popolo sovrano; che infatti ha giubilato lui e vota per voi, dimmi se ti pare normale…

Macelleria autarchica



... Anzi, visto che una non gli basta se ne sta facendo un'altra in casa.

Sarò fazioso, ma se non ci fosse stato Bush oggi non avremmo neppure questo macellaio.

lunedì 22 giugno 2009

O' Scarrafone

Sarebbe carino fondarlo davvero, su Facebook, il gruppo “Che altro deve fare Berlusconi per farti cambiare idea, trombarsi tua nonna?”, invocato da Giulio (azionecatodica.blogspot.com).
Però sono pigro, e invece di fondare il gruppo preferisco limitarmi a postare qualcuna delle considerazioni che l’ipotetico titolo mi ispira.
Intanto, quella che molti di noi hanno coltivato per tanti anni in illustre compagnia – Montanelli, tanto per dirne uno - era con tutta evidenza un’illusione: noi pensavamo che alla fine la forza dei fatti avrebbe costretto tutti ad ammettere l’abbaglio collettivo, ma non era vero: non ci sono fatti che possano far cambiare idea agli italiani su questo personaggio.
Uno si interroga (io non più, la risposta me la sono data e un po' più sotto la condivido con voi): ma che deve dire e fare la sinistra per fare breccia nel cuore degli italiani, o almeno nel loro portafoglio? E giù a tentare di tutto: dalla radicalizzazione verso le estreme – la logica essendo che si prevale marcando fortemente la propria diversità – allo snaturamento - vincerò se sposerò le sue stesse tesi (questa non l’ho mai capita, ma io sono vetero e non particolarmente intelligente, e non faccio testo).
La storia dice che di questo tutto non ha funzionato niente, mentre invece a lui è riuscita qualsiasi cosa, alla faccia della coerenza: prima si è presentato come alfiere del liberismo e Grande Innovatore, poi è arrivato a gettare la maschera chiarendo con i fatti, se non con le parole, che lui è il rappresentante più che altro di se stesso, e infine è diventato strenuo difensore del ruolo dello Stato e Grande Protettore degli italiani aggrediti da orde di uomini neri vomitati dal mare e da torvi profittatori finanziari; in tandem con ranocchietto Tremonti bercia tutti i giorni contro la sregolatezza che ha generato la crisi, come se le anime nere della finanza internazionale non fossero i suoi amichetti e tutti quelli come lui, che negli anni belli della finanza d’assalto hanno fatto soldi a camionate. Riuscire a dare all’avversario prima del comunista e poi del bieco finanziere affamatore di popoli è un capolavoro ineguagliato e ineguagliabile: è come se il tuo partner prima ti cornificasse per insoddisfazione sessuale e poi riuscisse a ottenere una sentenza di divorzio per il tuo priapismo (o la ninfomania, a seconda del genere: decidete voi).
Di fronte a virtuosismi di questo livello, ma che potrà mai fare non dico la nostra sgangheratissima sinistra, ma anche una compagine politica degna di questo nome?
La verità è che il discorso andrebbe rovesciato: chiedersi affannosamente, come a sinistra si fa da anni, “che cosa devo dire o fare per avere il consenso degli italiani”, presuppone che gli italiani abbiano in testa un’idea, e che se uno la indovina a quel punto gli resta solo da gridarla a squarciagola, per orribile che sia l’idea, per salire nella considerazione generale; invece gli italiani l’idea non ce l’hanno e non ce l’hanno avuta mai, nemmeno quando qualche milione di loro votava per il PCI (e infatti quelli adesso votano per la Lega, che proprio marxista a occhio non mi pare): gli italiani l’idea, quale che sia, l’aspettano da Berlusconi, così come tutti noi pendiamo spesso dalle labbra dell’amata o dell’amato. E, come a tutti e a tutte nella vita almeno una volta è capitato, ci sono delle carogne infami a cui si perdona tutto: infedeltà, bugie, umiliazioni, addirittura violenze; gli amici stanno là a dirti “ma non vedi?” e tu no, non vedi perché non vuoi vedere, e più grossa te la fa più grossa la dovrai ingoiare, lo sai: stai lì, tremante e speranzoso nella bugia che ti salverà dal dover ammettere che quello o quella che tu vuoi vedere come un angelo è un essere immondo, uno schifo, la quintessenza di tutto ciò che è ripugnante. E si sta approfittando di te. Così quando la panzana arriva, salvifica e tonificante, te la bevi come fossi un assetato finalmente ristorato con purissima acqua di fonte, dopo aver traversato il deserto. E’ un gioco, lo sappiamo, che può durare all’infinito: più ci si umilia, più grossa diventa la fetta di vita che dovremmo rinnegare ammettendo l’abbaglio e più duro il colpo che dovremmo infliggere all’immagine che abbiamo di noi stessi, con conseguenze devastanti per l’autostima. Meglio, quindi, continuare a subire, ingoiare rospi e mentire a se stessi.
Qui non servono le famigerate analisi politiche della fase o le complesse elaborazioni intellettuali sui mutamenti del tessuto sociale: serve Donna Letizia, o magari una intelligente come Natalia Aspesi, qualcuno che sia in grado di sbrogliare una aggrovigliatissima matassa di amorosi sensi, altro che Letta o Bersani o D’Alema.
Perché la domanda vera è: “che cosa si può fare per rimettere davanti agli occhi di un popolo sdilinquito oltre ogni decenza l’immagine dello scarrafone, che è bello sempre a mamma sua (la fu Rosa) ma scarrafone dovrebbe pur sempre rimanere?". Se finalmente la quinta colonna berlusconiana a sinistra, i paladini del “no all’antiberlusconismo”, della “legittimazione dell’avversario” (ma legittimazione di che? Di ciò che è incostituzionale e illegale?) si togliessero dagli zebedei, forse una speranza di far vedere lo scarrafone dietro al velo ci sarebbe; così, invece, viene da rispolverare il grido di dolore di Nanni Moretti di qualche anno fa: con questa gente non vinceremo mai! Loro sono fra quelli che, ogni volta che la cortina fumogena minaccia di dissolversi, si mettono tra gli occhi e il velo, a proteggere l’illusione che mimetizza l’orrendo insetto.
Poi, certo, dopo aver disvelato il bacarozzo, bisognerebbe porsi anche la domanda “come posso fare, adesso, perché questa gente si innamori di me?” o, addirittura, la domanda vera che dovrebbe porsi una sinistra: “come fare perché questa, che adesso è un’accozzaglia, diventi popolo di cittadini che non si innamorano di nessuno e maturino invece delle idee proprie, pretendendo dai politici che si impegnino a metterle in pratica e mandandoli a casa se non lo fanno?” Ma qui, mi rendo conto, stiamo davvero riavviandoci sulla strada tra le nuvole che conduce al regno di Utopia.

giovedì 18 giugno 2009

W la Squola


Nostalgia di una scuola che fu (e che sarà) - Foto M.S. Gelmini

Torna il Gattopuzzo… Eh sì, un’assenza (ingiustificata) di oltre due settimane non me l’ero concessa mai, sono contrito…
Ma sopravvoliamo, diceva Corrado Guzzanti, che è meglio, e pensiamo piuttosto a chi bastonare oggi: perché – capite – due settimane senza scrivere sono pure due settimane senza prendere nessuno a pesci in faccia, e ai gattopuzzi – animali fondamentalmente rissosi - queste cose provocano scompensi, alla lunga.
Per fortuna, abbiamo sempre la Maria Stella con cui prendercela; mirare all’obiettivo più grosso è inutile, Papi lasciamolo alla folla dei blogger che si stanno illudendo di disossarlo con la storia delle zoccolette pugliesi. Illudendo, sì, perché quell’uomo – oddìo, uomo forse è una parola un po’ grossa - perderà davvero tutto il suo consenso il giorno che queste cose smetterà di farle. E’ così che lo vogliono, i nostri baldi compatrioti italioti. Concentriamoci invece sulla beneficiata, quella che (si narra) entrò ad Arcore come amica del giardiniere e ne uscì coordinatrice di Forza Italia in Lombardia.
Dice che la scuola è finalmente tornata ad essere severa. 370.000 bocciati, se non ho letto male, più una slavina di rimandati (giudizio sospeso, recita il politically correct), tra cui – danno collaterale non di poco conto per il mio tempo libero - mia nipote. Che però non lo sa ancora, in cosa è stata rimandata: l’impagabile legge sulla privacy adesso impone che quei quadri che una volta tutti aspettavamo spasmodicamente per sapere di che morte sarebbe morta la nostra estate vengano ora dipinti a tinte sbiaditissime; c’è scritto che hai il giudizio sospeso, ma non in che cosa. Ma magari questa manco è colpa della Maria Stella. La quale, però, ha tanta nostalgia dell’italietta che fu, e che grazie a lei e ai suoi sta tornando a essere ancora. Cominciò con il grembiulino, e passi: in fondo, non è così male che i cuccioli siano coperti, con la tendenza a pasticciarsi addosso che hanno; ma spacciarlo per riforma, insomma… Poi fu la volta del sette (o del sei?) in condotta; poi si è detto che il voto di condotta doveva fare media; come ciliegina sulla torta, arriva la direttiva che – intepretazione autentica – dice che alle medie, dove non si rimanda, si devono bocciare anche quelli che hanno una sola insufficienza. In Storia dell’Arte, magari. Risultato ovvio, una valanga di sei finti (scritti in rosso, mi dicono) che evitano altrettanti ricorsi al TAR, tipo quelli del figlio di Bossi, che però l’hanno bocciato lo stesso, i professori terùn!
Insomma, dobbiamo dare un bel giro di vite. E sia! Eccoci qui, dopo anni di lassismo, a consolare pargoli immusoniti e piangenti, improvvisamente ripiombati nella dura realtà.
Adesso, lasciando da parte gli scherzi, non è che uno sia contrario a che la scuola sia seria: sono anni che impreco ogni volta che apro i libri di mia nipote, che sempre più mi sembrano simili ai fumetti che leggevo quando ero anche più piccolo di lei e nemmeno da lontano assomigliano ai tomi su cui mi sono dovuto spremere le mie (allora) giovani meningi. Però, tra l’essere seria e l’essere la caricatura della scuola di Pinocchio, con il maestro cattivo che faceva inginocchiare i bimbi sui ceci (a proposito, quelli quando li ripristiniamo, onorevole ministro?), mi pare che ci sia una differenza notevole.
Io penso che i ragazzi abbiano bisogno di serietà, e soprattutto hanno bisogno di sentire che quello che si fa a scuola (e alla scuola) lo si fa per loro. Poi sì, è ovvio che ci sono i conflitti con l’autorità, del resto quella è l’età dell’emancipazione, non si sarebbe adolescenti se si fosse pecoroni e un insegnante vero si dovrebbe preoccupare, se non venisse contestato; e ci saranno pure i professori che sbagliano, quelli troppo severi e quelli troppo buoni, ma quello che i ragazzi davvero non tollerano – non lo tolleravo io, tanti e tanti anni fa, e non lo tollerano nemmeno i ragazzi di oggi – è l’indifferenza; o l’ipocrisia, che con la prima va perfettamente d’accordo. In questo atteggiamento autoritario che senza autorevolezza alcuna della scuola del 2009 esattamente questo si vede: di questi ragazzi non frega niente a nessuno, ministra in testa; sono buoni per catalizzare l’ennesima scarica di pancia di un elettorato vecchio e incattivito che urla scomposto contro “i giovani d’oggi” che non sono più capaci di rispetto non hanno spirito di sacrificio sono maleducati sporchi brutti cattivi tutti drogati. E diamogli una bella ripassata, allora. Indifferenza: di quali siano davvero le loro aspirazioni, i loro bisogni, di cosa sognano o se non sognano già più, schiantati da una realtà che stronca ogni loro velleità ancora prima che nasca, questo non interessa. Ipocrisia: usarli come ennesimo capro espiatorio da dare in pasto alla belva sbavante che è diventato l’elettorato di questo paese, facendo finta di agire per il loro bene, il loro futuro, la loro formazione, questo sì, questo interessa.
E quanti anni sono che si fa così? Quest’anno è andata in scena la severità, ma non è che il lassismo degli ultimi dieci – quindici anni fosse meglio. A che è servito allentare così tanto la disciplina, se non a demolire la scuola pubblica e creare un paio di generazioni di semianalfabeti di ritorno? Però, è chiaro: le famiglie andavano coccolate, non si poteva certo intralciarle nella gestione del tempo dei pupi che dovevano giocare a pallone per diventare come Totti, andare a danza classica, giocare alla playstation , guardare i cartoni animati, imparare a sfilare scosciate per darla via appena possibile come Noemi, possibilmente a un settantenne ricco, e infine, in estate, migrare verso le spiagge senza inutili fardelli cartacei per le riparazioni di settembre.
Quel lassismo fa il paio con la severità di oggi: fanno schifo tutti e due.
E più schifo ancora fanno le famiglie che tutto questo lo accettano e anzi lo invocano. Dice che c’è chi protesta, e ci credo pure. Ma la stragrande maggioranza, in questo paese, ormai è completamente in bambola, in balìa del pifferaio.

lunedì 1 giugno 2009

I had a dream...

....diceva così, un tipo molto ganzo, qualche decennio fa… Ma io no, I had a nightmare, questa notte!
Dunque, vi racconto; io sognavo, e il mio corpo astrale – che, come tutti sanno, è libero di andare e venire come gli pare e piace oltre le barriere dello spazio e del tempo – si è preso una licenza di troppo. Prima si è librato per la stanza, poi su, oltre il terrazzo, e per il quartiere, ma sempre più su, e alla fine non lo so dove è finito, perché ho sentito una specie di vertigine, come se il mondo mi scappasse da sotto e un vortice blu mi risucchiasse, terribile!
Per un lunghissimo terrificante momento ho temuto di perdermi, la mia anima disintegrarsi in mille e mille filamenti, brandelli di sogni, sparire per sempre, come non essere mai esistito…
E invece ecco che all’improvviso sono di nuovo in qualche dove. Un dove proprio strano, perché il corpo astrale era partito di notte e adesso è giorno, ma parlano italiano, e allora non sono dall’altra parte del pianeta… ma dove cavolo mi trovo? Ci sono una mandria di bambini, la stanza è graziosa, anche se un po’ sgarrupata. Ci sono tutte quelle cose che stanno sempre nelle scuole: un sacco di disegni alle pareti, i banchi, le finestre grandi da dove entrano i raggi caldi del sole, si vede fuori il giardino tutto verde, per cui almeno non sono finito fuori stagione, dato che pure qui era maggio, quando sono andato a letto. Fanno un casino micidiale questi marmocchi, mi sa che è una seconda o una terza elementare, non la invidio davvero, questa povera crista della maestra. Cioè, comunque si vede che le piace quello che fa, e anche quando alza la voce e batte forte il palmo sulla cattedra ha come un sorriso sotto i baffi, fa fatica a nasconderlo, “bambini, adesso basta!!!”, sì, vabbè, come se non lo sapesse che tanto quelli continueranno a sgarrupargli l’aula. Lo sa, sì, ma non le importa, si vede che è contenta, li deve amare davvero, questi guastatori in erba.
Alla fine, com’è come non è, riesce ad ottenere la loro attenzione. E’ proprio una tipa curiosa, questa maestra: pare la maestrina dalla penna rossa del libro Cuore, con questo look un po’ all’antica, la gonna lunga stretta sotto al ginocchio, la camicetta bianca, una spruzzata di lentiggini e gli occhiali su cui spiove una ciocca riccia un po’ ribelle, sfuggita all’acconciatura castigata che non riesce a essere severa. E il sorriso, appunto, il sorriso trattenuto che sembra sempre sul punto di sbocciare a illuminarle il viso. Ma mi sono distratto, e lei ha iniziato a parlare, sono curioso. E chissà che, ascoltandola, non riesca anche a capire dove cavolo mi ha portato questo rincoglionito di un corpo astrale, che poi voglio proprio vedere come la ritrova, la strada di casa…
- ….uunaaaa storia! Allora bambini, vi va di ascoltare una storia?
- Sììììììììì!!!!!
Dall’entusiasmo, si direbbe che questa maestra sia un vero asso nel raccontare storie.
- e che storia vorreste ascoltare oggi? Solo storie vere, però, che dobbiamo andare avanti con il programma! La scuola sta per chiudere, è estate e ancora non abbiamo finito, le favole le lasciamo per l’anno prossimo!
- Fon-da-zio-ne!!! Fon-da-zio-ne!!! Fon-da-zio-ne!!!
I marmocchi scandiscono manco fossero allo stadio, io non so di che si parla perché l’unica fondazione che conosco è la trilogia di fantascienza di Asimov, ma questa ha premesso che vuole raccontare una storia vera… Vabbè, stiamo a sentire, prima o poi qualcosa capirò. E lei comincia.
- In un tempo non molto lontano, ma prima dell’anno zero…
Oh cavolo, ma che dice? Di quale anno zero va cianciando? Io non mi ricordo di ripartenze del calendario in tempi recenti!
- … il nostro paese era scosso dalle lotte. Erano innumerevoli anni che le fazioni si fronteggiavano, e solo di recente il Bene aveva iniziato a prevalere. Ma non era ancora finita, non era ancora finita…
- Chi erano i nemici, maestra?
- Donne e uomini cattivi…
Però… Politically correct, prima le signore, anche se perfide…
- … che avevano tanto potere, opprimevano il popolo e si rifiutavano di andarsene per fare posto ai Buoni, che volevano restituire a tutti la Libertà!
- E come vivevano le persone, senza libertà?
- Male bambini, molto male. Pensate che esisteva addirittura un Ordine Nero, un’associazione malvagia di persone che pretendevano di avere il diritto di decidere sulla vita degli altri, e se a loro giudizio uno faceva qualcosa che non andava fatta, lo perseguitavano per anni!
- Come le Guardie Azzurre?
- Noooooo!!! Non dire mai una cosa del genere, Filippo! Le Guardie Azzurre ci proteggono, vigilano sulla nostra libertà…
- Allora come le Lanterne Verdi?
- Lorenzo, non dire mai più una scemenza del genere!
… Si sta alterando… Ma che minchia sono queste Guardie Azzurre e queste Lanterne Verdi? Sarò mica finito in un fumetto? Ma ecco che riprende.
- Le Lanterne Verdi vegliano sulla nostra sicurezza, battono palmo a palmo le strade mentre noi dormiamo, snidano i cattivi che ancora, nonostante tutto, si nascondono tra noi, magari arrivando da lontano, gli Uomini Neri…
- Ma l’altra notte hanno pestato il papà di mio cugino…
- Adesso basta, Lorenzo! Non interrompere! E non dire bugie! Le Lanterne non pestano nessuno, al massimo l’avranno riaccompagnato a casa, magari aveva bevuto un po’ troppo e si è fatto male da solo, sarà caduto…
- Veramente l’hanno sbattuto in una cella…
- E si vede che ha fatto qualcosa di sbagliato! Piantala di fare il bastian contrario! Valerio, tu che hai più giudizio, mettiti vicino a tuo fratello e fallo tacere, che dobbiamo andare avanti con il programma!
Vedo un bimbetto dall’aria assorta mettersi vicino all’altro e stringergli di soppiatto un braccio, mentre gli fa un gesto inequivocabile,da adulto, visibile solo al fratellino e che in ogni lingua può significare solo “aspetta…”. Mi sa che non ha del tutto ragione, la tizia, a giudicare quest’acqua cheta… Prevedo che le darà un oceano di guai, senza neanche darsi il disturbo di farle capire da che parte sono arrivati.
- … Allora, bambini, riprendiamo. Dunque, dicevamo degli ostacoli che i Buoni hanno superare per far trionfare la libertà… Dovete sapere che a quell’epoca, un’epoca in cui, ripetiamo, i cattivi avevano dominato per tanto tempo, si era persa anche la conoscenza delle cose più elementari. C’era addirittura gente che sosteneva che la Libertà c’era già, che le cose andavano bene in quel modo, e che si era tutti uguali, cose folli! Pensate che esistevano perfino persone pagate per scrivere menzogne, erano i cattivi a pagarle, e così giravano pagine e pagine di calunnie sui Buoni, che venivano descritti come se i cattivi fossero loro!
- Ma tu, maestra, come fai a sapere queste cose?
- Perché io sono più grande di voi, Maria. Io c’ero già, anche se non ero ancora adulta c’ero, e ho visto con i miei occhi.
- E non ti sei battuta anche tu per riconquistare la Libertà?
- Beh, una lezione importante è che ognuno deve fare solo le cose che sa fare bene, e io sapevo già allora che a lottare per me c’erano persone molto più brave a fare quel mestiere.
- E tu, maestra? Che hai fatto?
- Io ho servito la causa diventando quello che sono adesso, una maestra. Fin da quando ero bambina sono sempre stata brava a raccontare storie, e quindi mi hanno selezionato per fare questo mestiere, per raccontare a voi come stanno le cose. Ma andiamo avanti. Dicevamo delle menzogne: la più grossa fu l’accusa rivolta al capo dei Buoni proprio nel momento in cui era più vicino al trionfo: si permisero, incredibilmente, di rinfacciargli l’amicizia con una bambina un po’ più grande di voi!
- E quanti anni aveva?
- Diciassette…
- No, lui.
- Ma che c’entra, piccola? Il capo dei Buoni è come tutti gli eroi, è sempre giovane e bello!
- Come L’Uomo del Popolo?
- Sì, brava! Mi hai anticipato, perché era proprio lui il capo dei buoni…
- Daaaavveeeeerooooo? Ma quello è un vecchio tutto rugoso…
- Eh, no! Non si può parlare così della Suprema Guida! Lui, che tanto si è sacrificato per tutti noi…
- E che c’entra la ragazzina?
- Adesso basta! La ragazzina era sua amica, gli teneva compagnia quando si sentiva solo…
- A me mica garberebbe tanto dover tenere compagnia a un vecchio rugoso tutto spelacchiato. E quando parla sputazza, pure…
- Tu non sei una buona bambina! Invece devi imparare a esserlo, come lo sono le cinquanta che tutti gli anni hanno l’onore di festeggiare il nuovo anno con Lui!
E poi, ricolta ad un maschietto:
- Tu, bada a tua sorella, che mi sta facendo perdere il filo.
Ed ecco che il bimbo furbetto, svelto svelto, si mette seduto vicino alla sorellina e le fa un sorrisetto complice, e lei si quieta.
E in questo esatto momento provo una strana sensazione, come se li conoscessi già, questi due bambini… E anche Valerio e Lorenzo, i due fratellini di prima… Un deja vu, chissà. Ma è la storia, adesso, che mi incuriosisce: di che parla la maestra? Ma ecco, ora riprende:
- Allora, bambini, dove eravamo rimasti?
- I buoni, i buoni!!!!
- Ah, sì. Allora, dovete sapere che la Guida Suprema è paziente, molto paziente, e nella sua bontà aveva deciso di sopportare: che dicessero pure quello che volevano! Tanto, il popolo era con lui.
Ma ecco, questa cosa dell’amicizia con la ragazzina, quest’amicizia nobile e pura, che gli veniva rimproverata come una cosa sporca… Ecco, questo lo fece davvero infuriare. ‘Ma come?’ Si arrovellava, "io faccio del bene a questa ragazzina, la strappo a un futuro di povertà, mi impegno per lei, disinteressatamente, in cambio solo di un po’ di compagnia, le concedo anche qualche gioco di quelli che lei tanto ama e che solo gente malata può defnire immorale… E questo è il ringraziamento?"
Erano già anni che Sua Eccellenza sopportava in silenzio gli insulti degli uomini in toga, che anche questa volta si stavano preparando ad aggredirlo; da ancora più tempo sopportava le cattiverie che su di lui scrivevano i giornali, ed era anche tanto che desiderava ricevere la comunione, e si era dovuto rassegnare a non poter accedere a questo sacramento – lui, così devoto - per l’intransigenza fanatica di una Chiesa che non la concedeva ai divorziati; e adesso, addirittura, si permettevano anche loro di rimproverarlo per quella innocente amicizia! Dopo quello che aveva fatto per loro!
Non perse più tempo: la sua prima mossa, a sorpresa, fu quella di ritirare la richiesta di divorzio da sua moglie. In nome della tolleranza religiosa, chiese di poter risposare lei e poi prendere in moglie anche Noemi, la ragazza, con rito musulmano. Per dare un esempio di apertura ai costumi dei nuovi italiani. SI presentò dal vecchio che si faceva chiamare Papa, così, con la moglie e Noemi, tutte e due consenzienti, e altre centoventisette giovani pronte a chiederlo in marito, in condominio. E, quando il vecchio si rifiutò di celebrare il multimatrimonio, la Somma Guida dichiarò lo scisma: prima di lui, solo Enrico ottavo aveva osato tanto. Ma non si comanda al cuore, né alla generosità: Noemi, Veronica e le altre centoventisette, tutte, furono sposate a Silvio e la cerimonia la officiò lui stesso, finalmente Grande Sacerdote dell’Unica, Vera, Ultima Grande Religione Rivelata. E i cattivi li cacciò semplicemente via. E’ troppo buono, Silvio, per poter far loro del male: li mandò in vacanza, lontano da qui. Antartide, Siberia, Sahara: luoghi esotici, bambini, lo so che non li conoscete, ormai la TV trasmette – giustamente – solo programmi atti a non turbare le coscienze pure del popolo, e questi luoghi non sono così importanti da richiedere che voi li conosciate… Ma sono posti fantastici, veri villaggi vacanze. E speriamo che almeno laggiù i cattivi se ne stiano buoni, a spese di Papi!
- Papi?
- Sì, è il titolo di capo della Nuova Grande Chiesa Rivelata Ultima Universale; quello di prima si chiamava Papa… E adesso invece abbiamo finalmente il Papi, che va bene pure come eroe civile, e infatti abbiamo anche l’altare al Papi della Patria! E domani lui compie ottantuno anni, ed è più giovane di me e di voi! Ma non è meraviglioso? Pensate, per i festeggiamenti si offriranno in quattromila per sposarlo! Quattromila!
- Anche tu, maestra?
Era Valerio a parlare. La maestra arrossì, compiaciuta ed emozionata.
- Sì….
Lo disse con voce rotta, al colmo della passione.
- Non volevo ancora dirvelo, ma sì… Non so perché, ma ha scelto anche me il Sommo Papi… Me, capite? Che non sono bella, che non sono niente! Pensate, quanto è generoso!
- Eh sì, maestra… proprio generoso!
E mentre diceva così, il piccolo lestofante le si avvicinava fin quasi a scomparire sotto le sue sottane, e con mossa da borseggiatore le infilava un topo morto nelle mutande, mentre Lorenzo e gli altri due di prima sghignazzavano paonazzi nello sforzo di trattenersi – Regalo per Papi! Regalo per Papi!
- Che cosa, bambini? Volete fare un regalo a Papi?
- Sììììì!!! Sììììì!!!!!!!
E i quattro erano i più scalmanati, esagitati, e la maestrina, commossa, li accarezzava, se li baciava – Lo sapevo, piccoli miei! Lo sapevo, che non potevate essere sul serio così insensibili! Lo sapevo che quelle cose brutte che avete detto prima non le sentivate davvero nei vostri cuoricini… Ma ditemi, chi ve le ha dette? Dove le avete sentite? Perché sapete, alle Guardie Azzurre lo dobbiamo dire, che ci sono ancora dei cattivi… Loro se ne occuperanno, li manderanno in vacanza con gli altri… E vedevo i quattro farsi seri seri, e poi si avvicinavano, con le faccine compunte e le sussurravano all’orecchio qualcosa… E lei sbiancava…
- Oh mio Papi! Ma no, ma non potete dire sul serio! Per favore, guardatemi in faccia!
E loro la guardavano, sì, sull’orlo del pianto si sarebbe detto, e poi abbassavano lo sguardo vergognosi, e con un filo di voce ripetevano, li poteva udire solo lei – sì, maestrina… non volevamo darti un dispiacere, ma sono stati proprio loro… il tuo paparino e la tua mammina, l’altro giorno, quando li hai portati qui a conoscere i tuoi bambini, cioè noi…
Piccole iene! Ma che goduria, però! Goditelo adesso, maestrina dalla penna rossa, il tuo matrimonio in multiproprietà! Sai che divertimento!
E però rabbrividivo, perché finalmente avevo capito che non ero andato in un altro luogo, ma in un altro quando, e che quel rincoglionito del corpo astrale stava scrutando, chissà, forse… il futuro! E pure vicino, l’animaccia sua!
Non ho retto più, mi sono riprecipitato nel vortice azzurro (che coloraccio, mamma mia!): che si sbrindelli pure l’anima, ma in questo universaccio non voglio starci un secondo di più, che se tanto è il futuro troppo a lungo mi toccherà starci, vedrete… A meno di non essere mandato in vacanza pure io, ovvio!
E mi sono risvegliato nel mio letto, tutto sudato e con il mal di testa, vicino a me c’era la mia cucciolotta… E allora ho ricominciato a respirare, e pure un po’ a sperare: coraggio! Magari era un futuro alternativo, un universo parallelo… Magari qui da noi non finirà così… Magari….