venerdì 30 ottobre 2009

Libertà vo' cercando...

Non aver mai pubblicato Saadat Hasan Manto, se mi si concede la licenza di una esagerazione, dovrebbe pesare sulla coscienza degli editori italiani come una colpa grave, ora fortunatamente emendata da una casa editrice indipendente che ne ha fatto il suo libro d'esordio (curiosamente, si chiamano Fuorilinea: www.fuorilinea.it).
Conobbi Manto qualche anno fa, consigliato da un amico indiano. Feci fatica a credere alle sue parole, che mi parlavano di uno dei maestri mondiali del genere short story: come mai un simile portento era ignoto non solo a me, ma a tutti i bibliofili che conoscevo? Lo scetticismo me lo sono dovuto rimangiare tutto in un boccone pochi giorni fa, dopo aver divorato in due giorni tutti i racconti di questa selezione. Tragico, sorridente, cinico, ghignante, sornione, Manto sta sempre dietro (e spesso dentro) a ciò che narra, con il suo carattere ingombrante e il suo sorriso bonario. Da vero narratore, non ha bisogno di enunciare tesi: fa parlare le sue storie, e ''Se trovate che i miei racconti siano osceni, è la societa' in cui vivete a esserlo. Con i miei racconti, io mi limito ad esporre la verita''. C’è tutto Manto in questa affermazione: l’uomo libero di mente che nacque indiano e musulmano, nel 1912, e morì pakistano e alcolista a poco più di quarant’anni. La cesura artificiale che tagliò via il Pakistan dall’India – la Partizione - divenne per la sua anima la frattura dolorosa dalla quale scaturì però la fonte della sua ispirazione più autentica: i suoi sono racconti di persone comuni, contadini, perfino matti nel bellissimo “Toba Tek Singh”, che non comprendono la logica – questa sì, davvero folle – della separazione dall’amico di ieri, dell’odio nazionalistico e del fanatismo religioso; non la comprendono eppure vi soccombono, proprio come in ogni tempo, compreso il nostro, gli inconsapevoli sono spesso vittime (e strumenti, o addirittura complici) di progetti che necessariamente li travolgono. Ma c’è anche molto altro, nel mondo di Manto: Bombay, esagerata allora come sempre, con il suo sottobosco di prostitute, magnaccia, perdigiorno, attori scombinati e lo stesso Manto, che a Bombay è giornalista, critico, scrittore di teatro e di cinema e, infine, protagonista e comprimario delle storie che racconta. Più volte processato per oscenità, e non sempre assolto, dopo la forzata emigrazione in Pakistan per proteggere la famiglia dalle rappresaglie degli Indù cedette all’alcol, che lo portò alla tomba. Non aspettatevi di leggere denunce vibranti o intemerate contro il potere: Manto non era un moralista, era un uomo che lucidamente vedeva e lucidamente descriveva. Fatti, persone e anime. Ha scritto storie sincere, prima ancora che belle. Per la sua libertà interiore ha pagato un prezzo alto, e chissà se ha finalmente avuto risposta alla domanda che volle come suo epitaffio: “Here lies Saadat Hasan Manto. With him lie buried all the arts and mysteries of short-story writing… Under tons of earth he lies, wondering who of the two is the greater short-story writer: God or he”.

venerdì 2 ottobre 2009

Re Carlo tornava dalla guerra...


Re Carlo tornava dalla guerra
lo accoglie la sua terra
cingendolo d'allor;

al sol della calda primavera
lampeggia l'armatura
del sire vincitor

il sangue del principe del Moro
arrossano il cimiero
d'identico color

ma più che del corpo le ferite
da Carlo son sentite
le bramosie d'amor

vi ricorda nessuno?
Ma andiamo avanti:

"se ansia di gloria e sete d'onore
spegne la guerra al vincitore
non ti concede un momento per fare all'amore

chi poi impone alla sposa soave di castità
la cintura in me grave
in battaglia può correre il rischio di perder la chiave"

così si lamenta il Re cristiano
s'inchina intorno il grano
gli son corona i fior

lo specchi di chiara fontanella
riflette fiero in sella
dei Mori il vincitor

Quand'ecco nell'acqua si compone
mirabile visione
il simbolo d'amor

nel folto di lunghe trecce bionde
il seno si confonde
ignudo in pieno sol

Mai non fu vista cosa più bella
mai io non colsi siffatta pulzella
disse Re Carlo scendendo veloce di sella

"De' cavaliere non v'accostate
già d'altri è gaudio quel che cercate
ad altra più facile fonte la sete calmate"

Sorpreso da un dire sì deciso
sentendosi deriso
Re Carlo s'arrestò

ma più dell'onor poté il digiuno
fremente l'elmo bruno
il sire si levò

codesta era l'arma sua segreta
da Carlo spesso usata
in gran difficoltà

alla donna apparve un gran nasone
e un volto da caprone
ma era sua maestà

lasciamo da parte la maestà, che in queste lande piuttosto bisogna parlare di satrapi (e in effetti non vedo nessuno della statura Carlo Martello). Il canovaccio, comunque, resta valido: un signore potente, una signora piacente.

"Se voi non foste il mio sovrano"
Carlo si sfila il pesante spadone
"non celerei il disio di fuggirvi lontano,

ma poiché siete il mio signore"
Carlo si toglie l'intero gabbione
"debbo concedermi spoglia ad ogni pudore"

Cavaliere egli era assai valente
ed anche in quel frangente
d'onor si ricoprì

anche qui… a Carlo non serviva il viagra e men che mai le punture sul pisello… Vabbè, possiamo sempre pensare che la sua prestanza fosse dovuta alle arti oscure di qualche negromante.

e giunto alla fin della tenzone
incerto sull'arcione
tentò di risalir

veloce lo arpiona la pulzella
repente la parcella
presenta al suo signor

"Beh proprio perché voi siete il sire
fan cinquemila lire
è un prezzo di favor"

"E' mai possibile o porco di un cane
che le avventure in codesto reame
debban risolversi tutte con grandi puttane,

Anche adesso Carlo fa un figura leggermente migliore rispetto a Silvio: lui, almeno, non lo sapeva davvero che la signora era ben che avvezza a un certo tipo di concessioni.
Il seguito dell’avventura, però, annulla ogni distanza. Di secoli e di stile.

anche sul prezzo c'è poi da ridire
ben mi ricordo che pria di partire
v'eran tariffe inferiori alle tremila lire"

Il re tira sul prezzo...

Ciò detto agì da gran cialtrone
con balzo da leone
in sella si lanciò

frustando il cavallo come un ciuco
fra i glicini e il sambuco
il Re si dileguò

Alla fine – incredibile! – si dà alla fuga senza pagare, come un cialtrone qualsiasi. Come Silvio, che promette alla D’Addario di interessarsi della sua concessione edilizia e di candidarla alle europee, e alla fine la lascia con niente in mano.

Re Carlo tornava dalla guerra
lo accoglie la sua terra
cingendolo d'allor

al sol della calda primavera
lampeggia l'armatura
del sire vincitor.

L’armatura di Carlo alla fine risplenderà comunque: è stato un puttaniere vigliacco, ma un grande re. Secondo certa dottrina gesuitica va assolto, ha fatto bene il suo mestiere. Ma Silvio? Che ne sarà del povero Silvio al cospetto della Storia, quando di lui resterà soltanto il ciarpame? Unica consolazione: non ha la statura perché la sua memoria possa durare mille anni. Presto la sua triste era uscirà anche dai libri di scuola, e finalmente – se non noi – i posteri almeno potranno dimenticarlo.
Comunque, la canzone è bellissima: è di De André, non so se semplicemente ispirata dalla poetica dello chansonnier francese George Brassens, o addirittura scritta da lui e poi tradotta in italiano da Fabrizio. La mia cultura musicale, ahimè, lascia molto a desiderare. Chi la volesse ascoltare può cliccare qui sotto:

giovedì 1 ottobre 2009

Facciamoci scudo


Lo scudo fiscale che consente di riportare in Italia i capitali guadagnati criminosamente ed esportati illegalmente al prezzo misero del 5% e con la copertura dell’anonimato è una presa per il culo alla nazione. Chi ha misure simili (si fa per dire) impone tassazioni superiori al 50% (fino al 100% della Francia) e la pubblica notorietà degli evasori.
Sacrosanta la protesta delle opposizioni? Forse. Diciamo sacrosanta quella di chi a votare contro lo scudo fiscale ci è andato. Strumentale quella di quei partiti (PD e UDC) che hanno fatto mancare il 25% dei loro onorevoli al momento di votare gli emendamenti cruciali, salvando un decreto che poteva essere messo sotto (la maggioranza, alla fine, è stata di una cinquantina di voti, per cui chi non c’era ha davvero fatto la differenza).
Questa è la notizia.
Ne seguono una domanda e una constatazione. La constatazione è che questa notizia non è esistita sui maggiori quotidiani: l’ho pescata sul Manifesto e su qualche giornale di destra che l’ha giustamente usata per coprire di fango la sinistra. La domanda è: come sarà mai possibile liberare questo paese, se il 25% dell'opposizione (e parecchi cronisti parlamentari degli stessi giornali che il nano alfa definisce "farabutti") è a libro paga del capo della maggioranza?